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Francia: Il bordolese che andò a Parigi! Sesta parte.

A Parigi è ormeggiato lungo la Senna, sulla riva sinistra del fiume all’altezza della Sorbonne, l’Istituto del mondo arabo. Dentro potete seguire dei corsi di lingua araba, frequentare gratuitamente l’immensa biblioteca, mangiare qualche pasticceria tipica del Maghreb, ma soprattutto l’istituto organizza delle mostre interessantissime. Quella che voglio vedere è dedicata all’Uzbekistan. Chi non ha mai sognato alla misteriosa città di Samarkand conquistata da Alessandro Magno e Gengis Khan? Questa città dove gli arabi hanno estirpato il segreto della fabbricazione della carta ai loro prigionieri cinesi; questa Asia centrale che ha fatto meravigliarsi tutta l’Europa grazie al Milione di Marco Polo; Samarkand che ha tanto fatto fantasticare l’occidente grazie ai racconti tosti racchiusi in questa raccolta anonima che chiamiamo Le mille e una notti; Samarkand! Basta chiudere gli occhi per vedere una carovana cinese caricata pesantemente d’ambra e di pietre preziose ci si fermare prima di riprendere il suo viaggio verso Costantinopoli. All’istituto del mondo arabo potete acquistare un biglietto per un viaggio in Uzbekistan e, se avete ritenuto qualcosa della mostra, potete immaginare racconti come l’hanno fatto tutti questi scrittori popolari dell’ottocento che sono riusciti a fare sognare i loro lettori senza mai uscire di casa. Va bene, proviamo a immaginare la trama di un racconto….

Sono stato bruciato dal sole nelle steppe siberiane, divorato dalle zanzare. Ho gelato di notte sotto l’assedio di venti polari. Poi, ho trovato il passaggio tra le montagne invalicabili che permette di raggiungere la pianura infinita e desertica dell’Uzbekistan. Ho raggiunto la carovana di Ahmet che, pieno di compassione, ha accettato che lo segua fino a Bukhara dove porta un carico di lino. Poi potrò raggiungere facilmente Samarkand. Per centinaia di chilometri abbiamo viaggiato con il terrore di essere attaccati dai banditi turchi a cavallo che infestano la pianura, ma il viaggio fino a Bukhara è stato piatto e si è svolto senza nemmeno un incidente. Ho salutato Ahmet e la sua gente a Bukhara, aspettavano un carico di lana da portare con la sua coorte di cammelli e di muli a Teheran. Sto ripensando a tutto questo viaggio che mi ha portato da Bordeaux fino a questo sentiero nel deserto dove giaccio tra la sterpaglia secca. La pallottola di un fucile a miccia mi ha fratturato la spalla. I turchi a cavalli si sono impadroniti del mio cavallo e dei soldi cuciti dentro la fodera del mio cappotto. La mia carnagione scura dopo mesi nel deserto e le quattro parole di kirghize che conosco, mi hanno salvato la vita. Si fossero accorti che ero europeo, non avrebbero risparmiato il costo di un’altra pallottola o peggio ancora. Riesco a trascinarmi sul cammino. So che dietro la collina c’è Samarkand, lo scopo di tutta questa spedizione insensata. In cima il mio sguardo, estenuato, abbraccia le mura della città nonché delle vaste rovine abbattute da qualche formidabile terremoto antico. Eccola, la Costantinopoli asiatica, la città di Tamerlano, con le sue cupole rivestite di mattoni smaltati color azzurro, i suoi minareti eleganti che si lanciano verso il cielo. Il tutto in uno scrigno smeraldo a perdita d’occhio costituito dai campi e  frutteti. Il cielo è turchino, Niente viene turbare il silenzio. Poi, due sepoy appaiono davanti a me con le loro partigiane e mi offuscano il sole. Sento che sto perdendo conoscenza. Quando mi risveglio sono in una stanza con le pareti coperte di tappeti polverosi; la polvere accumulata sui tappeti non riesce a nascondere le ricche decorazioni che fanno pensare a dei giardini esuberanti. C’è una finestra che mi permette di vedere i due sepoy nel cortile. La mia spalla è stata lavata e bendata. Uno schiavo mi porta un piatto di riso con dei pezzi bolliti di capra. Devo riprendere delle forze, dicono i due sepoy, prima di essere ricevuto dall’emiro che deciderà delle mie sorti. Qualche giorno dopo, mi portano un mantello tutto ricamato di filo d’oro perché non posso presentarmi davanti all’incarnazione di Maometto con i miei stracci…..

Francia: Il bordolese che andò a Parigi! Quinta parte.

Parigi, Sorbonne. i soli uccelli che riesco ad osservare a Parigi sono i croc (corvi in medocchino). Ce ne uno che fruga tra le foglie morte ed i detriti ai piedi di un albero scheletrico. Alzo gli occhi e sul marciapiede antistante alla Sorbonne, c’è un negozio di bici che si chiama: Geppetto e bici. Penso a qualche gioco di parole e cerco nel mio cervello di legno quale potrebbbe essere il fottuto rapporto tra Geppetto e una bici. Ci penso per venti minuti e niente mi viene in mente. Poi, mi ricordo che, nel Médoc, se desiderate veramente qualcosa, occorre fare nove volte il giro della cosa prima di tutto. Non ha proprio senso per un medocchino a Roma di gettare monete nella fontana di Trevi senza aver fatto prima i nove giri. Quindi mi metto a fare i miei nove giri della Sorbonne sperando di acquistare per magia un pizzico di conoscenza racchiusa dentro la facoltà. E niente. Di nuovo di fronte al negozio con l’encefalogramma piatto. Sono lo stesso coglione di venti minuti prima…..

Francia: Il bordolese che andò a Parigi! Quarta parte.

Ovviamente a Parigi, anche un bordolese, un tizio della civiltà dell’anatra, deve talvolta fare compromessi soprattutto quando la persona che lo accompagna è vegetariana. Lo spot  – beh, tre giorni a Parigi e parlo già come un indigeno! – preferito dei vegetariani e altri vegan per la panetteria si chiama Land & Monkeys, Boulevard Beaumarchais non lontano da Place de la Bastille. Quindi lei mi ha scocciato con i sandwich di questa panetteria vegan per settimane ed ecco che ora mi ritrovo seduto davanti a una focaccia vegan farcita tipo flammekueche cioè cipolle, panna acida vegan e pancetta vegan. Molto popolare in tutta la Francia, la flammekueche. Quindi sto mangiando la mia focakueche o la mia flammecaccia e le chiedo perché lei non vuole assaggiare almeno qualcosa. Boh, non ho fame, mi sento rispondere dalla donna. Ah, merde allora! mi hai parlato ad nauseam dei sandwich di Land & Monkeys per giorni e ora non ne vuoi nemmeno assaggiarne uno? Bah, allora prendo una chocolatine per farti piacere! Ma smetti con le chocolatine! Fa tre giorni che siamo a Parigi e tre giorni che ti nutri solo di chocolatine! Non sei vegetariana, sei chocolatinivora o che? Mentre litighiamo come se fossimo a bordeaux, una signora entra nella panetteria e chiede una viennoiserie con delle cranberries. Ma c’è dello zucchero dentro? si preoccupa la signora. Certo, risponde  la commessa. Allora no perché sono intollerante allo zucchero! C’è qualcosa d’altro senza zucchero? In una panetteria! esclama la commessa. La signora insiste: ma posso vedere la lista degli ingredienti di tutti i vostri prodotti così posso verificare quello che posso mangiare o no. Oh non, risponde la commessa, il responsabile non è qui oggi e poi meglio non prendere rischi che dello zucchero ce ne ovunque anche nelle patate, no? La signora esce, delusa. La focaccia è buona. Compro due sacchetti di chocolatine come viatico per la chocolatinivora che metto nelle tasche del mio cappotto della marina. Usciamo e ci dirigiamo verso il metro, la stazione si chiama les filles du calvaire….. 

Francia: Il bordolese che andò a Parigi! Terza parte.

A Parigi, il bordolese di passaggio si accorge che tutti i fiorai vendono ai mariti, fidanzati ed amanti queste rose giganti di plastica per la festa di San Valentino e, tale il Candido di Voltaire, si chiede davvero di quale legno sono fatte le donne parigine per accettare questo tipo di presente grottesco. Perché, credetemi, se regalaste una di queste rose a una donna di Bordeaux (o peggio – brividi – a una donna del Médoc), lei se ne servirebbe per frustarvi finché morte non sopraggiunga. 😉

Francia: Il bordolese che andò a Parigi! Secondo parte.

Nel Jardin des Tuileries, appena c’è un raggio di sole e che la temperatura supera i quattordici gradi, questi pazzi di parigini si mettono a torso nudo e si mollano sui banchi, sedie o contro i muri per prendere la tintarella. Non sono diversi di noi, ma noi, bordolesi ed altri medocchini, lo facciamo al riparo delle dune con il rumore dell’oceano che ci culla e non il chiasso della  circolazione automobile Place de la Concorde e quello, a due passi, dei martelli picconatori del cantiere di restauro della fontana del giardino. Dietro di loro, a una cinquantina di metri, c’è un altro pazzo, un bordolese quello lì, che ora si dirige verso l’Hotel de la Marine per vedere un altro uomo a torso nudo, trafitto da molte frecce,  Il San Sebastiano di Mantegna (quello della galleria Franchetti) che ci è esposto, insieme a tanti altri capolavori della Ca’ d’oro. Entro dentro l’Hotel e prenoto un biglietto per la prossima visita alle cinque, due ore da ammazzare tanto la mostra è un successo. 13 euro per il biglietto e 25000 andata e ritorno tra L’hotel e il giardino des Tuileries più tardi, senza contare la metà del mio stipendio speso per un espresso al caffè La Pérouse dentro l’Hotel, finalmente posso entrare per ammirare i tesori della Ca’ d’oro e fare un viaggio nella Venezia del Rinascimento. Esco. Sono le sei e questi pazzi di parigini di febbraio sono sempre nel giardino a prendere la tintarella. Niente di cambiato tranne ormai che ho le tasche vuote attraversando il parco…..