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Estuario: Il Binocolo!

Il Binocolo è un pensionato bordolese che campa nello stesso paese del Médoc di me e che ha una passione per l’osservazione degli uccelli, che non c’è molto altro da fare in questo paese. Lo incontrerete nei boschi, alla riserva naturale oppure in riva all’oceano. Sempre agli stessi posti sui sentieri più frequentati, nascosto dietro qualche ginestra per adescare qualche turista che non lo conosce ancora. Il suo binocolo professionale da 1000 euro è solo un pretesto per ingaggiare la conversazione. State passeggiando senza pensare a niente e, all’improvviso, sentite la voce melliflua di Binocolo da dietro le canne del lago che quasi vi supplica: Un’occhiata nel binocolo signor che c’è una coppia di aironi sull’altra sponda? Se rispondete di sì ingenui che siete, il  Binocolo vi terrà la gamba per tutta la giornata o per dirlo in un altro modo francese: dite buongiorno al Binocolo e lui vi dirà tutto e anche il resto. Impossibile sbarazzarsi di quel chiacchierone di Binocolo una volta che siete presi nella sua rete. D’accordo mi direte che il Binocolo soffre di solitudine, ma ascoltare il tizio blaterare senza fine di tutto e di niente per ore richiede uno sforzo  sovrumano. Dovete rispondere: Té, e addio Binocolo! che vuol dire semplicemente e allo stesso tempo, buongiorno, buonasera, ciao, ci vediamo….e addirittura addio, poi passare oltre. Il Binocolo vi borbotterà un addio e si apposterà di nuovo dietro le erbe nell’attesa di una nuova preda. 

L’altro giorno, stavo nel centro del paese per prelevare al bancomat dentro l’agenzia bancaria  sessanta euro per le strenne dei miei due nipoti – 30 euro ad ognuno dei due rampolli, c’è ancora la tradizione di dare una paghetta ai bambini per l’epifania nella mia famiglia. E cosa mi succede a questo fottuto bancomat? Il coso mi sputa una banconota da cinquanta euro e un’altra da dieci! Mi volto verso il bancario seduto al tavolo dell’ingresso e che faceva finta di leggere un documento: buongiorno e Buon Anno, posso avere 5 tagli da 10 euro che non mi serve questa grossa banconota da cinquanta? Il tizio ride e mi dice che fa almeno venti anni che non hanno più di moneta sonante e che ci vuole prendere un appuntamento se voglio del contante, ma forse accanto alla panetteria ci sarà qualcuno con del denaro liquido …

 C’è una lunga fila alla panetteria ed eccomi ad agitare la banconota da cinquanta tra la gente come se fossi uno zio d’America, è niente perché tutto si paga con la carta di credito oggi. Faccio il giro del paese senza trovare il cambio per la banconota da cinquanta. Telefono a mio fratello per lamentarmi, che volevo inviare 60 euro a suoi figli e che mi ritrovo come un imbecille con un taglio da 50 e uno da 10. Mio fratello ride e mi spiega che avrei dovuto fare due bonifici bancari perché anche i suoi figli ora hanno la carta di credito per la paghetta! Va bene, la canaglia non avrà le strenne quest’anno. Poi, tornando a casa, attraverso il boschetto, ahi, ecco che il Binocolo mi piomba addosso. E dopo l’aver salutato alla moda del paese: Té, e addio Binocolo! Tanto sono disperato gli chiedo se, per caso, non avesse il cambio su un taglio da cinquanta. Si, si, sussurra il Binocolo tale un ragno che ha catturato una mosca nella sua tela. E devo sopportare il racconto del divorzio della figlia che è divorziata da trent’anni, poi quello delle sue vacanze di Natale in una specie di parco per single, quello dei mondiali di calcio, poi senza pietà quello del cane che gli è stato affidato da un vicino che è andato a vivere a Pauillac, senza dimenticare quello della centenaria del paese che si è innamorata di lui; mi aggiunge che verrà a casa mia nella settimana perché vorrebbe arrampicarsi sulla quercia del mio giardino per installare un nido di pipistrelli, costruire nidi di pipistrelli è una sua nuova mania. No, no, dico, immaginando già i problemi con l’assicurazione se il vecchio mi cadesse dall’albero! Allora una mangiatoia per uccelli? insiste il Binocolo. No, no, ho bisogno di niente, d’altronde ne ho già una di mangiatoia! Va bene, alla fine, dopo un’eternità, il Binocolo mi dà il cambio e anche un male di testa pazzesco..

L’indomani passo alla Posta per inviare le strenne ai nipoti, poi mi fermo al negozio di Bricolage per comprare una mangiatoia “made in Cina” a cinque euro. Ovviamente il Binocolo non ci ha creduto un attimo quando gli ho detto che possedevo  una mangiatoia e come questo fottuto animale di  Binocolo sarebbe capace di venire a controllare…..

La mangiatoia è di plastica, ora attaccata a un ramo basso della vecchia magnolia, una specie di cilindro sormontato da un tetto, il mangime costa un capitale e devo andare al supermercato tre volte la settimana perché, misteriosamente, il mangime messo nel cilindro scompare subito e una grossa parte finisce a terra. All’inizio c’erano bene un pettirosso, tre cince e un picchio muratore storpiato che  approfittavano del mangime gratis, ma ora i piccoli uccelli hanno disertato e il mangime continua a sparire. Poi, una mattina all’alba, ho finito per capire che c’era un parlamento di  gazze che si radunava nella magnolia e che  giocava con la mangiatoia come se fosse un pallone da calcio, calci con le zampe, colpi di testa o con le ali. Se mi aveste visto, avreste riso come dei matti: aprivo la finestra per cacciare le gazze, urlavo dopo questi fottuti uccelli che mi stavano rovinando…facevo un numero di circo incredibile eppure non c’era niente da fare perché ho una vita da vivere e non posso stare dietro la finestra dalla mattina alla sera. Stavo per abbandonare questa idea cretina della mangiatoia e dei soldi spesi per nutrire delle volgari gazze quando mi sono accorto che c’era un’altro tipo di uccello che frequentava la mangiatoia, sette od otto palombe che mi becchettano il mangime a terra. Da allora, non rimpiango più i soldi per il mangime anzi, le palombe stanno diventando grasse quanto delle oche. Il gatto ed io ci lecchiamo i baffi dietro la finestra. Se siamo fortunati, le palombe finiranno allo spiedo nel camino per Pasqua, ma non lo dite al Binocolo che mi ucciderebbe se sapesse del mio progetto.  

P.S : Pour Marion, Binocolo/jumelles c’est le sobriquet du personnage du récit à cause de sa passion pour l’ornithologie.

Médoc: La dieta.


Le prime castagne dell’anno. Mele, uva, fichi e castagne come dice la filastrocca bordolese.

La zia preoccupata al telefono: ma cosa stai mangiando in questo momento che sei un trinquelette*?

Alex: Ieri sera, ho mangiato un tourin all’aglio e un’insalata verde.

La zia: Ohami, non è abbastanza per un giovane come te!

Alex: Oggi, a pranzo, mangio castagne bollite che ho raccolto nella foresta, pane strofinato all’aglio e vino nuovo per mandare giù le castagne. Va bene?

La zia: Ohami, no! Nessuno mangia così! Ma non puoi mangiare normalmente che sembra la dieta alimentare dei bordolesi di una volta, voglio dire prima della Rivoluzione francese! 

Alex: Tranquilla zia, sono andato al mercato e ho comprato un mazzo di crescione, porri, carote, patate che costano care questo anno. Così mi faccio delle zuppe per tutta la settimana! 

La zia: Ohami, mio drôle* non sei mio nipote, sei mia bisnonna! Poi sei un ingrato!

Alex: E perché?

La zia: Non mi hai portato delle castagne! …..

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* trinquelette: magro magro / drôle: ragazzo.

Estuario: Il vecchio campanile di Saint-Vivien de Médoc!

Seduto su una panchina, sotto l’ombra dei platani della piazza, tra il municipio e il campanile, guardo appunto il “nuovo” campanile della chiesa di Saint-Vivien edificato dopo la seconda guerra mondiale, il precedente fu distrutto dai bombardamenti del aprile 1945 nonché la metà della cittadina; dalla chiesa del XII secolo rimane solo l’abside. Quindi sono seduto sulla panchina e prima di andare a comprare un panino nella panetteria-tabaccheria-macelleria-libreria-cantina…del Paese, vi racconto una storia a proposito del vecchio campanile.

Correva l’anno 1906, l’anno prima era stata promulgata la legge di separazione tra Stato e Chiesa. La Francia era sull’orlo della guerra civile tra clericali e anticlericali. Il Vaticano non aveva ancora capito, neanche dopo un secolo dalla Rivoluzione francese, il concetto di laicità. C’era una guerra fredda tra la Repubblica e la cricca del Vaticano, ma la Repubblica francese è una buona figlia generosa  e aveva comunque permesso ai preti di disporre gratis delle chiese e di potere usare delle campane per il loro commercio. Notate che, secondo la legge del 1905, erano i sindaci ormai che emettevano le ordinanze che regolevano tutti i suoni delle campane perché le campane non servono solo per la religione ovviamente.. Quindi è successo a Saint-Vivien-de-Médoc che la gente non ce la faceva più con il corvo cioè il prete del Paese che non solo non pagava l’affitto grazie alla bontà della Repubblica,  ma di più si era impadronito delle campane. Un corvo che sembrava un cuculo. E figuratevi che l’uccello si era messo addirittura a fare suonare le campane secondo lo spessore del portafoglio delle sue pecore. Campane a pagamento quindi. Il campanile di allora ospitava quattro campane. Ovviamente quando c’era un benestante, un borghese, un nobile, un padrone della vite che chiedeva di  fare suonare le campane, il corvo faceva scampanare dal povero sagrestano le quattro campane al volo per ore; quando c’era un miserabile, un pescatore di gamberetti, un bracciante della vite, il tizio aveva diritto soltanto al suono della campana più piccola per qualche minuto. Tutti dovevano pagare il prete per il suono delle campane, i poveri che avevano meno dei ricchi anche di più. Stessa cosa per le signorine ricche che frequentavano la sua confraternità di Maria, per loro, scampanate senza fine delle quattro campane e per le signorine povere del Paese, la campana più piccola, potente quanto il carillon asmatico dell’orologio da tavola della zia Bettina. Insomma, per parafrasare il vecchio La Fontaine: “a seconda che siate ricchi o poveri, le campane di Saint-Vivien suoneranno o no”. C’era un’ingiustizia gridante tra gli abitanti del Paese. Quindi per mettere fine ai litigi senza fine generati dal commercio delle campane da parte del corvo, il sindaco e il suo consiglio scrissero  un’ordinanza che indicava che le campane erano egualitariamente a disposizione di tutti gli abitanti, credenti o no credenti, in cambio di una piccola mancia a dare al sagrestano che le faceva suonare. Povero uomo. Quindi in questo anno 1906, in primavera, si sposavano il signor T….e la signorina F….. e vollero, in conformità con l’ordinanza del sindaco, che le campane suonassero al volo per annunciare la loro felicità a tutta la contrada. Gli sposi e gli invitati delle nozze escono dal municipio, la chiesa è di fronte. Lo sposo chiede al corvo di fare suonare le campane per il matrimonio, il prete chiede dieci franchi – che ce ne volevano alcuni giorni di sudore per farsi dieci franchi nel 1906. Lo sposo propone un colpo da bere del buon vino del Paese e una mancia per la fatica del sagrestano. Il prete rifiuta e vuole il denaro. Le voci si alzano. Presto si urla davanti alla chiesa. Il prete chiude i battenti alla faccia delle nozze. Il forsennato si è barricato dentro la chiesa. Lo sposo torna al municipio che si trova a meno di dieci metri dalla chiesa, sveglia il sindaco che era un po’ stordito dai bicchieri di vino regalati dagli sposi. Furioso il sindaco invia la guardia rurale a negoziare con il forsennato. La guardia rurale era l’equivalente del poliziotto municipale di oggi, senza taser ma con un tamburo da battere per fare gli annunci comunali. Pensate come era attrezzata la guardia rurale per fronteggiare lo scagnozzo di Dio. Il sindaco arriva, poi tutto il consiglio comunale e la metà del Paese. Tutti propongono soluzioni per sloggiare il corvo dal nido. I più anticlericali vogliono mettere il fuoco alla baracca. Altri propongono di andare a cercare il vescovo, di scrivere al Papa, di chiamare i carabinieri, di affamare il prete. Il sindaco dice che la chiesa appartiene al comune e invia a cercare il fabbro per fare saltare le serrature. Il prete è in cima al campanile e si vede tutta la gente del Paese, credente o no, che gli chiedono di aprire. Il tizio si rassegna finalmente e apre le porte. Il matrimonio si riversa nella chiesa, gli invitati penetrano nel campanile e scampanano come dei matti a tale punto che una campana rimane rovesciata, suonano tanto forte che il suono si fa sentire fino a Bordeaux, tutto al sud del mondo per un abitante di Saint-Vivien. Dopo, si cerca il prete per fare dire una messa per gli sposi, il tizio rifiuta, scappa e non si fa più vedere. Qualcuno mi ha detto che corre ancora.

Notti insonni!

Nel Médoc, i fiumi sono ridotti a niente, le paludi sono asciugate e screpolate per la prima volta da migliaia di anni, gli alberi assetati nelle foreste crepano, le temperature superano quaranta gradi da settimane e la gente non ricorda nemmeno l’ultima volta che ha piovuto. Le nuvole di zanzare medocchine si sono rifugiate in città, presso gli stadi ed i parchi che continuano ad essere annaffiati come se non ci fosse questa siccità terrificante. Sono apparse, da alcuni anni, zanzare aliene che trasmettono malattie tropicali. La notte devi dormire le finestre chiuse, le zanzare si infiltrano ovunque in casa. Atroce. Il ventilatore deve essere acceso in continuo. Quando lo spegni cinque minuti perché non sopporti più il rumore del coso, ti metti a sudare come un maiale. Sai già che non dormirai della notte. Vai a prendere da bere nel frigo e ti metti, tra due pisciate per colpa di tutta l’acqua bevuta, a leggere nel salotto. Sono le due. I ricci che ti avevano abbandonato in primavera per andare a campare nel bosco dietro casa, non ce la fanno più di questa vita forestale e, affamati, sono tornati nel giardino. Ricominci, la sera, a dare a queste bestiole le crocchette dei gatti. I ricci fanno un baccano del diavolo con la bacinella d’acqua che hai messo per essi. Sono le tre e qualcuno ti maledice dal fondo della casa. Sta urlando la sirena di un camion dei vigili del fuoco che fila sulla strada di Pauillac e preghi che non sia il bosco del comune a bruciare, ma qualcosa più lontano verso Nord. Poi, c’è sempre lo stesso concerto delle civette verso le quattro e mezza. Ora, ti sei addormentato nella poltrona quando un timido capriolo ti bussa alla porta per mendicare una ciotola d’acqua quindi esci per andare a riempire per i caprioli la bacinella rovesciate dai ricci. Sono le sei. Stai per prendere una doccia e sorridi di questi coglioni del governo che ti hanno chiesto di pisciare sotto la doccia per risparmiare la risorsa. Qualcuno ti maledice di nuovo dal fondo della casa, ma la voce è coperta dal rumore del primo elicottero dei vigili del fuoco. Una nuova giornata da zombie sta per iniziare.

Una vacanza qualunque a Bordeaux!

Apocalisse. Capitolo 8. E il primo sonò, e vi fu grandine e fuoco, mescolati con sangue….

Vediamo. Dovevo trascorrere una settimana di vacanza nei Pirenei a fare delle escursioni e ho dovuto annullare l’albergo perché la persona che doveva accompagnarmi si è ammalata. Quindi vacanze in casa. Niente di grave! mi direte perché c’è l’oceano a due passi e ci sono turisti  del mondo intero che sognano una vacanza a Bordeaux. Tranne che ha fatto tra 40 e 43 gradi tutta la settimana e che ho passato la settimana nell’oscurità, le persiane chiuse. Una talpa. Appena aprivo qualcosa  prendevo fuoco quanto un pino delle lande colpito da un fulmine nella siccità di un mese d’agosto. Il telefono squilla. È una delle due sorelle centenarie che hanno la casa di fronte alla mia. Se potessi venire che sua sorella minore è caduta, se potessi alzare la sorella per sistemarla nella poltrona. Ho visto il veicolo dei vigili dei fuoco ieri sera, tutto bene? chiedo. Sì, sì, risponde la sorella, ma non vogliono più spostarsi per alzare mia sorella quando lei cade. Va bene, dico evitando di sospirare, arrivo. Cinquanta metri da fare sotto il sole. Attraversare il deserto dell’Atacama è un scherzo nei confronti. Sono bollito quanto un carciofo di Macau. Uno straccio. Il giardino è abbandonato eppure non è una questione soldi, le vecchie sono milionarie. Busso alla porta e rimpiango subito la traversata. Un tugurio, accumuli di rifiuti ovunque, dal suolo al soffitto. La vecchia dice di non aver avuto il tempo di fare le pulizie. Dagli ultimi quaranta anni, penso. Odori di marcio, di cadaveri di animali, di piscia e di merda. Non oso guardare verso la toilette o la cucina. La testa mi gira, ho la nausea. La vecchia è allungata tra una poltrona sporca e un accumulo di giornali. Mi ripugna di toccarla, mi ripugna la sorella che la lascia vivere in queste condizioni. Non l’ho vista da anni ma la signora sembra riconoscermi. La prendo da sotto le spalle, non si è lavata da almeno un anno, lei puzza, ma puzza, ha anche una traccia di merda sul fronte. La signora pesa almeno settanta chili. Fa mille gradi nella stanza. Devo stringerla dentro le mie braccia per sollevarla. Un peso morto. È sistemata di nuovo sulla poltrona. Discuto con la sorella che è stata dottoressa in un’altra vita. Bisogna ricoverarla, lei ha fatto un’ischemia cerebrale che non è stata curata! Caspita, lei ha un diploma di medicina! Sua sorella sta morendo, lei non lo vede? Oh, risponde la vecchia, non è possibile senza il suo accordo l’ho letto su internet. Ma cosa sono queste stronzate! Sua sorella non ha più lucidità, non può prendere decisioni per la sua salute! Torno a casa. Faccio una doccia. Mi sento sporco come mai mi è successo in vita mia. Tre volte la vecchia mi chiama perché la sorella è caduta, tre volte ci vado, tre volte tento di convincere la vecchia e tre volte mi doccio tornando a casa e mi passo anche la candeggina sulle mani dopo la doccia. L’ultima volta è per mettere la sorella a letto e l’aiutare ad andare anche al cesso. Va bene, dico alla vecchia, non perdo più tempo a parlare con lei, domani mattina, chiamo il comune ed i servizi sociali. Un assessore è venuto dopo la mia chiamata, anche la polizia, i servizi sociali. La sorella è stata ricoverata. L’indomani, vado a bussare alla porta, la vecchia non risponde oppure si nasconde da qualche parte nel tugurio, le telefono. E niente. Poi, lei mi richiama per dirmi piangendo che la sorella ha un tumore cerebrale e che deve operarsi in un quindicina di giorni. Non le dico cosa penso di lei, sono troppo educato….

Maledetto quarantadue gradi, guardando nelle mie mail, ce n’è una che sembra venire dalla mia banca, clicco sul link per disattenzione. Dopo qualche minuto mi accorgo che è una falsa pagina Google. Telefono alla banca per bloccare la mia Mastercard, mi invitano a scegliere un nuovo codice Pin via SMS tra ventiquattrore. Due, giorni dopo, ricevo la nuova carta. Non c’è più niente da mangiare nel frigorifero, vado a fare la spesa. Sto aspettando alla cassa, c’è una coda chilometrica con tutti questi turisti che hanno fretta di raggiungere le spiagge; ed i vecchi del quartiere che fanno la spesa ogni giorno. Ovviamente! Va bene, sto per pagare. Inserisco la carta nel terminale Pos. La carta non funziona. Il pagamento è rifiutato. Faccio un secondo tentativo, è niente, il Pos non vuole sentire parlare della carta. La cassiera mi avverte che mi resta solo un tentativo. Che angoscia! Rifletto per un quarto d’ora. Niente mi viene. Ho la testa vuota. La gente è quasi pronta a saltarmi addosso, una vecchia mi chiede addirittura se non ho derubato la carta! Disperato, chiedo alla cassiera se posso pagare senza contatto. Eh no, lei sospira, l’importo supera i cinquanta euro. Lei mi incoraggia, lei riflette bene, non è successo niente di particolare recentemente? Allora dal fondo del mio cervello atrofizzato, vedo una piccola luce. Ohami! grido agli spettatori, ho cambiato la carta, il codice Pin è la mia data di nascita! La folla è arrabbiata, venti minuti che sta aspettando. Pago e mi allontano in fretta di paura di essere linciato…… 

42 gradi. Atroce. La gente del quartiere mangia nei giardini la sera. Si sente il rumore dei bambini che giocano nelle piscine, l’odore della carne che cuoce al barbecue. Serata banale del quartiere di un paese del Médoc. Il tuono lontano di un temporale in direzione dalla Spagna. La gente non è preoccupata. Subitamente, nuvole d’inchiostro sono apparse che scattano verso Nord. In un attimo fa notte. La gente abbandona i giardini per rifugiarsi nelle case, i genitori disperati urlano ai bambini di uscire dalle piscine. Cinque minuti sono passati quando la grandinata si abbatte. Chicchi di ghiaccio grossi quanto palle di tennis che devastano tutto. I giardini sono distrutti, i tetti, le  finestre delle case, le parabrezze delle macchine esplodono, le carrozzerie sono crivellate come se fossero colpite da mitragliatrici. Piove dentro le case, non ci sono più le tegole. Sento urlare il vicino che si è preso un chicco di grandina in testa. Un baccano infernale che dura circa dieci minuti. Poi, il silenzio completo, gente stupita che esce dalle case per constatare i danni. Fantasmi che circolano nella nebbia di calore che si alza dai suoli surriscaldati……

Nuova notte di insonnia. Penso a tutto quello che c’è da fare. I danni, il tetto distrutto, chiamare l’assicurazione, il costo delle riparazioni, i rimborsi. E dire che sono in vacanza. Incredibile tutto quello che mi è successo in meno di una settimana. Verso le tre della mattina, mi viene un dolore allo stomaco come se avessi inghiottito dei tizzoni, tutto mi brucia orribilmente dal petto al ventre. Dalle tre alle sette della mattina, il mio svago preferito è di vomitare tutto quello che posso anche quando non ho più niente da vomitare. Alle sette, è uno zombie che chiama SOS medici. Ho bisogno di un medico, presto! Sto davvero morendo. Il medico mi dà l’indirizzo dello studio e mi dice che un medico del pronto soccorso mi chiamerà per valutare se ho bisogno di un’ambulanza. Certo che ne ho bisogno! Sono piegato in due. Tutto mi brucia e ho una voglia di vomitare pazzesca. Il medico del pronto soccorso giudica che non sto morendo abbastanza e che posso spostarmi allo studio di SOS medici. Chiamo mia zia, se lei potesse venire per portarmi in macchina. La sto aspettando fuori da casa, masnada di zingari, corvi di sciagure, girano nel quartiere per abbindolare i vecchi: quattro tegole da rimettere, un telone da sistemare per proteggere il tetto, niente lo faccio io, non c’è bisogno di chiamare l’assicurazione. Gratis. 1600 euro in contanti. I vecchi che hanno l’acqua che gronda dai soffitti, sconvolti, fanno assegni e invece di sistemare i teloni, gli zingari scappano verso le banche per incassare gli assegni all’apertura. I vecchi che si rendono conto della presa in giro, telefonano alle banche per bloccare gli assegni, la polizia corre dietro gli zingari che corrono dietro i polli. Un circo. Uno mi adesca: Un telone gratis? 1400 euro ? Fottimi il campo! rispondo. Sto morendo e poi se ne occuperà la mia assicurazione dei lavori per i miei eredi!  La zia arriva. Prendo un sacco. Non si sa mai anche se ho lo stomaco vuoto. Non sappiamo dove si trova lo studio vicino alla casa di riposo del comune di E…, ho l’appuntamento alle nove e trenta. Non ho preso il telefono, non è la buona casa di riposo. Moribondo, scendo dalla macchina e chiedo a una donna che sta spazzando il marciapiede. Oh, non è qui, è sulla strada di Lacanau! Lei sta davvero male! Prendo la macchina, inseguitemi. Ringrazio la signora. Ohami, c’è una scala mostruosa da salire, la zia mi aiuta. Finisco quasi a gattoni. Il dottore dice che potrebbe essere una pancreatite acuta, che il medico del pronto soccorso doveva inviare un’ambulanza per portarmi all’ospedale. Il tizio dice a mia zia che sarà più veloce se ci andiamo in macchina. Ohami, penso. A quest’ora con gli ingorghi stradali di Bordeaux. Passa un’ora, prima di arrivare al pronto soccorso. Mi fanno pisciare in un vasetto e ci riesco più o meno. Un elettrocardiogramma. La presa di sangue è un disastro. L’infermiera mi trafigge le due braccia e mi accusa di avere le vene che “rotolano”. E sempre questo bruciore incandescente dentro il mio stomaco, ne approfittano per farmi un tampone covid. Ho due cateteri che mi inviano antidolorifici a spruzzo continuo. Un uomo, nel box accanto, urla senza mai smettere: Dottore! Dottore! Dottore! Dottore…L’infermiera tenta di spiegare a una vecchia signora inglese gli esami che lei deve passare e io giaccio mezzo morto su una barella. Devo passare uno scanner, l’infermiere mi avverte che il liquido che mi sta iniettando brucia e fa pisciare. Bruciare più di quello che mi sta bruciando dentro non è possibile visto che l’antidolorifico non mi fa assolutamente niente. Va bene faccio l’esame e mi riportano alla sala. Allora, ora, c’è il tizio che urla: Dottore! dottore!, dottore!….ed io che chiede, scusandosi, di pisciare ogni trenta secondi. Mi trovano calcoli, ma non c’è di rapporto con il mio bruciore. Non sanno troppo cosa pensare e mi dicono di andare a vedere un gastroenterologo. Sto meglio. Forse una specie di stress post-traumatico dovuto alla tempesta, dice il dottore. Il tizio è simpatico è mi dà un congedo malattia per una settimana, non per il bruciore, ma perché sono completamente esaurito. Sono le sette della sera, torno a casa con la zia che è venuta a cercarmi. Appena passiamo Bordeaux e varchiamo il confine del Sud-Médoc, che entriamo in una zona di guerra. Il paese sembra essere stato bombardato. Arrivando, guardo il tetto della mia casa, uno zingaro si avvicina, lo stesso di stamattina oppure un cugino, un telone signor?