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Estuario: La leggenda del pettirosso!

Appena esci di casa per lavorare in giardino, c’è sempre un pettirosso per seguirti ovunque; guardandoti da vicino appollaiato sul tuo innaffiatoio o sul tuo rastrello, aspettando che tu gli procuri qualche vermiciattolo. Il pettirosso crede nella tua bontà e si fida di te, mentre stai diserbando, il pettirosso si avvicinerà alla tua mano fino a toccarla come per dire: Dai, facciamo amicizia! Se mangi sulla terrazza o in cucina con la finestra spalancata, il pettirosso accompagnerà tutta la tua cena dal suo canto lamentoso. In inverno, il pettirosso sarà alla tua finestra e ti chiederà qualche briciola di pane tanto esso crede nella tua generosità e quasi lo inviteresti a condividere il caldo del tuo salotto se non ci fosse, ahi, questo cattivo gatto davanti al camino. C’è una leggenda nel Médoc che racconta perché il pettirosso ha il petto rosso. Figuratevi, cari lettori e care lettrici che, all’inizio del Mondo, il pettirosso non assomigliava per niente a quello che vediamo oggi. Il pettirosso, come tutti gli altri uccelli della creazione, era grigio. Gli uccelli erano tutti brutti, rattrappiti, le loro piume non li proteggevano dal freddo e dalla pioggia. Gli uccelli erano tristi e non cantavano molto in primavera. D’altronde non c’era né primavera né d’estate all’inizio del Mondo nel Médoc. Pioveva quasi sempre e, quando non pioveva, il sole non riusciva a filtrare la coltre delle nuvole. Gli uccelli erano sempre bagnati. Avevano freddo. Erano miserabili. Morivano per colpa delle malattie e dei pidocchi. Un giorno, gli uccelli radunarono un’assemblea dove erano presente tutte le razze degli uccelli del Médoc. Il più vecchio uccello di questo Mondo primordiale che era un corvo disse: “La nostra vita non può proseguire in quel modo, ci vorrebbe che l’uno di noi possa volare verso il sole, che voli più alto della coltre delle nuvole, il più alto possibile, così potrebbe catturare un raggio di sole e portarci il caldo. Allora, il più piccolo degli uccelli del Médoc primordiale, lo scricciolo, si portò avanti e disse coraggiosamente: Ci vado io, sono il più leggero degli uccelli e volerò più alto di tutti voi e vi riporterò il raggio di sole. Tutti gli uccelli lo guardarono volare via e lo persero presto di vista. Gli uccelli erano contenti e si misero tutti a cantare, probabilmente, si dicevano tra loro, lo scricciolo è di là delle nuvole e ha già catturato un raggio di sole. Ed effettivamente c’era un raggio di sole che aveva filtrato la coltre e cominciava, seguito da altri, a dissiparla. Gli uccelli si misero a cantare di gioia, ma le aquile del Médoc che avevano già la vista più acuta, videro come un sasso di fuoco che  stava cadendo insieme al primo raggio di sole. E cadeva, e cadeva. Era lo scricciolo che si era troppo avvicinato al sole e che si era interamente bruciato, lo scricciolo arrostito era nudo come al giorno della sua nascita. Allora tutti gli uccelli del Médoc volarono verso di esso e lo presero al volo. Poi andarono ovunque cercare delle piume per coprirlo. E mentre, gli uccelli del Médoc cercavano delle piume, il pettirosso, che era il più grigio di tutti gli uccelli del Médoc, per riparare meglio lo scricciolo, si strinse fortemente contro l’amico che rosseggiava ancora, tanto fortemente che tutte le piume del pettirosso che toccarono lo scricciolo, diventarono rosse come il sangue. Ed è la ragione per cui il pettirosso ha il petto rosso. Da allora, durante gli inverni freddi, lo scricciolo si avvicina del pettirosso e gli dice: Pettirosso vieni a riscaldarti nella casa del mio padre che ci sono ceppi di vite grossi quanto la mia coscia. Il pettirosso ha salvato la vita dell’uccello che ci ha portato il sole quindi anch’io quando fa freddo in inverno, lascio sempre la finestra della lavanderia dove c’è la caldaia, nel fondo del garage, aperta. E vado a rastrellare foglie o vangare un angolo del giardino per permettere al pettirosso di banchettare…  

Bacino di Arcachon: A bassa marea!

Quando i bambini sono stanchi di osservare gli chiurli nei prati salati e che ti chiedono: ma il bagno? Quando i bambini sono stanchi di pescare i granchi alla bocca di un estey* e che ti chiedono di nuovo: ma il bagno? Quando i bambini sono stanchi di costruire castelli di sabbia decorati di conchiglie, di rametti di baccharis e di granchi morti e che ti rompono ancora: ma il bagno? È tempo di varcare la gobba* per raggiungere dall’altra parte uno di questi bacini d’acqua di mare che si riempiono ad alta marea grazie a un sistema di cateratte e che permettono di fare il bagno senza dover aspettare il ritorno della marea. Non lo dite ai gestori degli stabilimenti balneari italiani, ne farebbero incubi! Tutto ci è gratis, il wifi, le tavole con gli ombrelloni per il picnic, i corsi di nuoto per i bambini, le docce, i servizi sanitari, la sabbia bianca, i terreni di sport, la palestra all’aria aperta; poi i bagnini ti prestano volentieri un pallone di volley o ti gonfiano una porta da calcio, oppure aiutano i disabili a fare il bagno grazie alle numerose sedie a rotelle per acqua che sono a disposizione. No, il solo coso che devi pagare sono gli churros* alla bancarella perché hai ancora dimenticato di portare qualcosa per la merenda e che i bambini sono affamati. Poi quando finalmente l’alta marea permette di nuovo di fare il bagno sulla riva Est del bacino di Arcachon, i bambini non ne vogliono più sentire parlare del tuo bagno in mezzo agli chiurli dall’altra parte della gobba e nemmeno della tua idea cretina di abbandonare un giorno il bacino di bagno!

*gobba/diga; estey/fiume che sfocia nel Bacino di Arcachon; churros/pastelle fritte e spolverate di zucchero (contate 5 euro per una dozzina di churros).

“Tutte le lingue hanno numeri semplici poi arriva il francese con quatre-vingt-dix (4 volte 20 più 10).”

Sembra che certi italiani che studiano il francese abbiano qualche problema per i numeri compresi tra 70 (soixante-dix) e 99 (quatre-vingt-dix-neuf). Giacomini era un italiano che aveva aperto, nel 1814, un gabinetto di illusioni, via di Valois a Parigi. Dopo tre anni di successo con dei numeri ottici, nel 1817, questo Giacomini propose un nuovo spettacolo, quello di un cane sapiente milanese, istruito e portato a Parigi da un milanese chiamato Castelli d’Orino. Questo cane, che si chiamava Munito, era un barboncino e diventò sicuramente “l’italiano” più famoso di Francia per un exploit strepitoso che esso fece nel mese di novembre di quel 1817. Si legge nel giornale Il costituzionale alla data del 27 novembe 1817: “Il signor Giacomini, proprietario del gabinetto di illusioni, è andato ieri sera, accompagnato da Munito e dai Canarini, dare una rappresentazione al Palais-Royal dal duca di Orléans. La scienza di Munito e l’arditezza dei Canarini hanno occupato per più di un’ora un cerchio brillante. Il giovane Duca di Chartres ha avuto la fantasia di giocare una partita di domino con l’abile allievo del signor Giacomini e non l’ha vinta.” Ora torniamo all’inizio di questa storia che fece la fortuna e la notorietà di Giacomini. Il successo di  Munito fu immediato ed esso fu presto invitato, e non solo in quello del duca di Orléans, ma in tutti i salotti parigini per le sue capacità fuori dal comune. Munito capiva tre lingue di cui il francese, conosceva i colori, indovinava le carte, era campione di domino, era bravissimo in calcolo mentale, sapeva fare addizioni, sottrazioni e moltiplicazioni difficilissime. Quatre-vingt-dix volte quatre-vingt-cinq e Munito dava al pubblico allibito il prodotto in un lampo. 7650! Beh, oltre al fatto che Munito sia stato un campione di domino, se un cagnolino italiano è riuscito a capire questa storia dei numeri francesi fino a realizzare delle operazioni complesse nella lingua di Molière, mi rifiuto di credere che non possiate con un buon allenamento acquistare la stessa dimestichezza di Munito per contare in francese. 😉

Médoc: Un pomeriggio a Margaux e dintorni!

Simile a un Sisifo, instancabilmente, Le acque del fiume convogliano verso Bordeaux i detriti del mondo moderno, le vecchie capanne da pesca su palafitte marciscono: i vecchi non hanno più la forza di mantenerle, i giovani non sono interessati. Una masnada di poiane caccia tra le balle di fieno di un prato; le rondini, inseguono le nuvole di zanzare, sembrano volare erraticamente sopra un maggese eppure sono senza pietà; gli aironi guardabuoi sono appollaiati apaticamente sulle vacche bionde di un campo allagato. Una vecchia coppia, zaino sulle spalle, si sta rimpinzando di susine nella siepe lungo il cammino che costeggia la riva del fiume. Susine da maiali come si dice nella mia famiglia  perché queste susine piacciono solo ai maiali. L’uomo si avvicina a me, lo saluto. Lui mi chiede del prossimo porto perché sono stanchi morti e vorrebbero riposarsi. Cinquecento metri in questa direzione, dico, designando il sud da dove arrivo. Pellegrini di Compostela, noto, vedendo la capasanta sullo zaino della donna. Più tardi quando torno al porto per recuperare la macchina, i due vecchi sono seduti sulla ringhiera dello scalo di alaggio. Tutto bene? chiedo. L’uomo sospira: non abbiamo trovato il porto solo questo prato. Eppure ci siete, dico, è il porto e il seguente sarà esattamente lo stesso. Pensavamo trovare un bar, qualcosa dove avremmo potuto mangiare e bere e invece non c’è niente che questo prato, si lamenta disperata la donna. Pellegrini di Compostela? chiedo retoricamente. Sì, risponde il vecchio, abbiamo voluto dimenticare tutta questa pandemia e abbiamo deciso di fare il pellegrinaggio. La donna sembra stanchissima. Se volete vi porto al rifugio, è la mia macchina là. Esitano, non osano, non vogliono perché devono fare obbligatoriamente il pellegrinaggio a piedi. Va bene, rispondo, come volete, siete adulti dopotutto, ma se mi dite che dovete alloggiare stasera a Macau, sono ancora più di dieci chilometri da percorrere e, credetemi, stasera dormite nella palude tra le zanzare! Mi dirigo verso la macchina quando la signora mi interpella: la prego signor, abbiamo cambiato idea, accettiamo la sua gentile proposta! In macchina mi raccontano che sono partiti dalla città di Saintes dove hanno amici, ma che sono di Marsiglia, che mi sembra la cosa più incredibile del mondo perché hanno un accento del Nord della Francia; il mondo è addirittura sottosopra con questa pandemia, penso. Dicono ancora di aver litigato con il figlio e la nuora che sono opposti alla vaccinazione ed è la ragione per cui hanno deciso di fare questo pellegrinaggio, per togliersi tutta questa merda dalla testa, che, secondo me, non è ancora pronto da succedere visto che, durante tutto il tragitto, mi parlano solo del figlio complottista che ha perso la testa.  Li lascio davanti alla chiesa di Macau e auguro loro un buon proseguimento di pellegrinaggio. Non sanno come ringraziarmi. Niente dico, è normale. Ora devo tornare indietro per ritrovare la strada della casa, è che mi hanno fatto fare una deviazione di dieci chilometri questi mangiatori di susine da maiali! Bah.