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Médoc: Pizzerie oceaniche!

Una volta, tutte le pizzerie in Francia avevano il nome di una città italiana: Pizzeria di Napoli, di Roma, di Pescara, di Siena (sic)….ecc…e le pizze facevano schifo. Ora che le cose sono cambiate e che i pizzaioli francesi sono diventati più bravi dei loro colleghi transalpini, i nomi delle pizzerie sono diventati più sofisticati e hai davvero bisogno di un livello B2 in italiano per ordinare una pizza Margherita al telefono! Pronto, pizzeria Tua nonna non ne farà….? 😁😁😁😁

Halloween: Il ragno!

Il ragno sorridente. Odilon Redon (1840-1916). Parigi. Museo d’Orsay.

A cinquecento metri dalla vecchia casa landese, dopo un pezzo di foresta malaticcia che sudava acqua tutto l’anno, c’era un courtiou* scalcinato che serviva per lo stoccaggio del legno e altre ammucchiate di roba antica. Bambino, la vecchia strega si divertiva a mandarmi a cercare questo o quello, sempre di notte, con una lampadina da tasca. Avevo paura della notte, dei rumori degli uccelli e delle volpi, la vecchia lo sapeva, altrimenti non sarebbe stato così divertente, ma era così che si faceva alla campagna per guarire i piccoli cittadini delle loro fobie della notte, degli animali notturni. Mi lamentavo quando tornavo in città, ma l’altra nonna alzava le spalle e diceva che ero troppo viziato, che comunque mi faceva del bene di confrontarmi ai selvaggi della famiglia del mio odiato padre. Due o tre anni fa, ricevo un messaggio nelle cassetta delle lettere, che l’indomani sarà Halloween, che i bambini del quartiere passeranno, non troppo tardi, prima del calare della notte comunque, che se posso accendere una lampada per la loro venuta. Va bene, vado a comprare una poche* di caramelle di quelle che fanno schifo e che piacciono ai miei nipoti. Aspetto i bambini con i loro costumi di Marvel. Si bussa alla porta, sento gridare una masnada di drôles*. Apro la porta con in mano un vassoio pieno di caramelle. Loro non mi guardano nemmeno. Sembrano terrorizzati da qualcosa dietro di me. Mi volto, e là sulla porta, una gigantesca iragna*. Larga almeno cinque centimetri, di quelle che entrano in casa in autunno per proteggersi dai primi freddi. Rido. Niente bambini, è solo una piccola bestiola. Vedo bene che non mi credono, nemmeno quello con il costume da Spiderman. Quindi afferro delicatamente l’iragna per mostrare ai bambini che non c’è pericolo, che la bestiolina non va a mangiare la bestiola come si dice in francese. L’iragna mi morde, un dolore mi percorre tutta la mano, sorpreso faccio un gesto per sbarazzarmi dell’iragna che vola via prima di ricadere sul naso di uno dei bambini. Gli altri sfuggono gridando. Non muoverti, dico al bambino paralizzato mentre l’iragna è comodamente sistemata sul suo naso, non vogliamo uccidere la bestiolina, sì o no? Il bambino piange, riesco a togliergli l’iragna che metto sotto la camelia accanto alla porta d’ingresso. Il bambino se ne va piangendo. Più tardi, si bussa di nuovo alla porta. Sono adulti che sembrano furiosi. Siete troppi grandi per le caramelle scherzo. Non capisco niente, parlano tutti insieme. Alla fine, riesco a capire che sono i genitori del quartiere che mi vogliono fare la pelle. Racconto la storia dell’iragna in modo divertente, ma sono più spaventati del bambino. La madre piange che il figlio ha il naso fottuto. Ohami, quanto storie per una piccola iragna, penso. Non ce la faccio più delle loro lamentele. Vogliono denunciarmi alla gendarmeria da quello che capisco. Basta grido! Addio e buona serata aggiungo chiudendo la porta. Da allora, la gente del quartiere non mi parla più ed i bambini non si avvicinano più della mia casa. 

*parole in guascone e in bordolese: Courtiou/ovile; poche/sacchetto; iragna/ragno; drôle/ragazz(in)o.

Médoc: La dieta.


Le prime castagne dell’anno. Mele, uva, fichi e castagne come dice la filastrocca bordolese.

La zia preoccupata al telefono: ma cosa stai mangiando in questo momento che sei un trinquelette*?

Alex: Ieri sera, ho mangiato un tourin all’aglio e un’insalata verde.

La zia: Ohami, non è abbastanza per un giovane come te!

Alex: Oggi, a pranzo, mangio castagne bollite che ho raccolto nella foresta, pane strofinato all’aglio e vino nuovo per mandare giù le castagne. Va bene?

La zia: Ohami, no! Nessuno mangia così! Ma non puoi mangiare normalmente che sembra la dieta alimentare dei bordolesi di una volta, voglio dire prima della Rivoluzione francese! 

Alex: Tranquilla zia, sono andato al mercato e ho comprato un mazzo di crescione, porri, carote, patate che costano care questo anno. Così mi faccio delle zuppe per tutta la settimana! 

La zia: Ohami, mio drôle* non sei mio nipote, sei mia bisnonna! Poi sei un ingrato!

Alex: E perché?

La zia: Non mi hai portato delle castagne! …..

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* trinquelette: magro magro / drôle: ragazzo.

Gironda: Una domenica pomeriggio a Sauternes! V parte.

Il Ciron nasce sulla riva sinistra della Garonna, è un piccolo fiume dalle acque limpide. Inizia la sua vita sgorgando e mormorando nel silenzio delle lagune perse delle lande di Guascogna. Scorre mordoré  in mezzo a una valle ridente, sul letto di sabbia di un antico oceano, ai piedi di sponde regolari oppure di dune sabbiose. Sfiora il dipartimento del Lot-et-e Garonne, ma non osa penetrare troppo avanti in queste terre che non appartengono alle lande. Lo aggira e preferisce varcare il confine della dolce Gironda. Scorre indolente. Non è un fiume cittadino. Evita la citta di Bazas, non butta nemmeno uno sguardo a sinistra a Préchac oppure a Uzeste a destra. Ama la storia e bagna la cittadina di Villandraut e scorre a due passi dell’antico castello di Budos. Costeggia il paese di Sauternes e regala ai viticoltori di questo paese pieno di sole, delle rugiade mattutine e delle nebbie serali che fanno nascere la muffa nobile sull’uva; senza il Ciron non ci sono i vini  muffati di Sauternes e di Barsac e gli uomini della vallata si prosternano davanti al piccolo fiume landese come se fosse qualche divinità. Il fiume ha percorso quasi novanta chilometri e gli resta un ultimo sforzo per sfociare nella Garonna, tra Preignac e Barsac, e mescolarsi con le acque dolci ed oceaniche del fiume bordolese. Nel paese di Sauternes se sei seduto sulla riva del Ciron, a fare un picnic in mezzo a una foresta profonda di ontani e di faggi, non lontano da un vecchio mulino oppure a prossimità di un ponte, e che vedi passare cavallerizzi nel letto del fiume, tutto è normale. Uscire dalla foresta per un cavallerizzo e rischiare di attraversare la piccola strada provinciale che porta da Budos a Sauternes, è come giocare alla roulette russa. Quindi senza il Ciron non ci sarebbero i vini muffati di Sauternes, ma non ci sarebbero nemmeno più gli amanti  degli sport equestri tanto gli abitanti di Sauternes guidano a tutta birra!


P.S : Pour Marion :

Le Ciron naît à l’ouest de la Garonne, c’est un petit fleuve aux eaux claires. Il commence sa vie sourdant et marmonnant dans le silence des lagunes perdues des landes de Gascogne. Il court, mordoré, au milieu d’une vallée riante, sur le lit de sable d’un vieil océan, au pied de rivages réguliers ou le long de dunes de sable. Il effleure le Lot-et-Garonne, mais sans oser pénétrer dans ces terres qui ne sont plus landaises. Il en fait le tour et préfère franchir la frontière de la douce Gironde. Il s’écoule indolent. Ce n’est pas un fleuve citadin. Il évite Bazas, ne jette pas un regard à Préchac sur sa gauche ou à Uzeste sur sa droite. Il aime l’histoire et baigne la petite ville de Villandraut avant de passer près de l’antique château de Budos. Il longe le pays de Sauternes et offre aux viticulteurs de ce pays de soleil, les rosées matinales et les brumes vespérales qui font naître la pourriture noble sur le raisin ; sans le Ciron, il n’y a pas de vin de Sauternes et de Barsac et les hommes se prosternent devant le petit fleuve landais comme si c’était quelque divinité. Le fleuve a parcouru presque 90 km et il lui reste un dernier effort pour se jeter dans la Garonne, entre Preignac et Barsac, et mélanger ses eaux avec les eaux douces et océaniques du fleuve des bordelais. Dans le pays de Sauternes, si tu es assis au bord du Ciron, à faire un pic-nique au milieu d’une forêt profonde d’aulnes et de hêtres, pas très loin d’un vieux moulin ou d’un pont, et que tu vois passer des cavaliers dans le lit du fleuve, c’est normal. Sortir de la forêt pour un cavalier et risquer de traverser la petite route départementale entre Budos et Sauternes, c’est comme jouer à la roulette Russe. Ainsi, sans le Ciron, il n’y aurait pas le vin de Sauternes, mais il n’y aurait pas non plus aussi les amoureux des sports équestres tellement les habitants de Sauternes roulent à toute berzingue !