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Estuario: Il Binocolo!

Il Binocolo è un pensionato bordolese che campa nello stesso paese del Médoc di me e che ha una passione per l’osservazione degli uccelli, che non c’è molto altro da fare in questo paese. Lo incontrerete nei boschi, alla riserva naturale oppure in riva all’oceano. Sempre agli stessi posti sui sentieri più frequentati, nascosto dietro qualche ginestra per adescare qualche turista che non lo conosce ancora. Il suo binocolo professionale da 1000 euro è solo un pretesto per ingaggiare la conversazione. State passeggiando senza pensare a niente e, all’improvviso, sentite la voce melliflua di Binocolo da dietro le canne del lago che quasi vi supplica: Un’occhiata nel binocolo signor che c’è una coppia di aironi sull’altra sponda? Se rispondete di sì ingenui che siete, il  Binocolo vi terrà la gamba per tutta la giornata o per dirlo in un altro modo francese: dite buongiorno al Binocolo e lui vi dirà tutto e anche il resto. Impossibile sbarazzarsi di quel chiacchierone di Binocolo una volta che siete presi nella sua rete. D’accordo mi direte che il Binocolo soffre di solitudine, ma ascoltare il tizio blaterare senza fine di tutto e di niente per ore richiede uno sforzo  sovrumano. Dovete rispondere: Té, e addio Binocolo! che vuol dire semplicemente e allo stesso tempo, buongiorno, buonasera, ciao, ci vediamo….e addirittura addio, poi passare oltre. Il Binocolo vi borbotterà un addio e si apposterà di nuovo dietro le erbe nell’attesa di una nuova preda. 

L’altro giorno, stavo nel centro del paese per prelevare al bancomat dentro l’agenzia bancaria  sessanta euro per le strenne dei miei due nipoti – 30 euro ad ognuno dei due rampolli, c’è ancora la tradizione di dare una paghetta ai bambini per l’epifania nella mia famiglia. E cosa mi succede a questo fottuto bancomat? Il coso mi sputa una banconota da cinquanta euro e un’altra da dieci! Mi volto verso il bancario seduto al tavolo dell’ingresso e che faceva finta di leggere un documento: buongiorno e Buon Anno, posso avere 5 tagli da 10 euro che non mi serve questa grossa banconota da cinquanta? Il tizio ride e mi dice che fa almeno venti anni che non hanno più di moneta sonante e che ci vuole prendere un appuntamento se voglio del contante, ma forse accanto alla panetteria ci sarà qualcuno con del denaro liquido …

 C’è una lunga fila alla panetteria ed eccomi ad agitare la banconota da cinquanta tra la gente come se fossi uno zio d’America, è niente perché tutto si paga con la carta di credito oggi. Faccio il giro del paese senza trovare il cambio per la banconota da cinquanta. Telefono a mio fratello per lamentarmi, che volevo inviare 60 euro a suoi figli e che mi ritrovo come un imbecille con un taglio da 50 e uno da 10. Mio fratello ride e mi spiega che avrei dovuto fare due bonifici bancari perché anche i suoi figli ora hanno la carta di credito per la paghetta! Va bene, la canaglia non avrà le strenne quest’anno. Poi, tornando a casa, attraverso il boschetto, ahi, ecco che il Binocolo mi piomba addosso. E dopo l’aver salutato alla moda del paese: Té, e addio Binocolo! Tanto sono disperato gli chiedo se, per caso, non avesse il cambio su un taglio da cinquanta. Si, si, sussurra il Binocolo tale un ragno che ha catturato una mosca nella sua tela. E devo sopportare il racconto del divorzio della figlia che è divorziata da trent’anni, poi quello delle sue vacanze di Natale in una specie di parco per single, quello dei mondiali di calcio, poi senza pietà quello del cane che gli è stato affidato da un vicino che è andato a vivere a Pauillac, senza dimenticare quello della centenaria del paese che si è innamorata di lui; mi aggiunge che verrà a casa mia nella settimana perché vorrebbe arrampicarsi sulla quercia del mio giardino per installare un nido di pipistrelli, costruire nidi di pipistrelli è una sua nuova mania. No, no, dico, immaginando già i problemi con l’assicurazione se il vecchio mi cadesse dall’albero! Allora una mangiatoia per uccelli? insiste il Binocolo. No, no, ho bisogno di niente, d’altronde ne ho già una di mangiatoia! Va bene, alla fine, dopo un’eternità, il Binocolo mi dà il cambio e anche un male di testa pazzesco..

L’indomani passo alla Posta per inviare le strenne ai nipoti, poi mi fermo al negozio di Bricolage per comprare una mangiatoia “made in Cina” a cinque euro. Ovviamente il Binocolo non ci ha creduto un attimo quando gli ho detto che possedevo  una mangiatoia e come questo fottuto animale di  Binocolo sarebbe capace di venire a controllare…..

La mangiatoia è di plastica, ora attaccata a un ramo basso della vecchia magnolia, una specie di cilindro sormontato da un tetto, il mangime costa un capitale e devo andare al supermercato tre volte la settimana perché, misteriosamente, il mangime messo nel cilindro scompare subito e una grossa parte finisce a terra. All’inizio c’erano bene un pettirosso, tre cince e un picchio muratore storpiato che  approfittavano del mangime gratis, ma ora i piccoli uccelli hanno disertato e il mangime continua a sparire. Poi, una mattina all’alba, ho finito per capire che c’era un parlamento di  gazze che si radunava nella magnolia e che  giocava con la mangiatoia come se fosse un pallone da calcio, calci con le zampe, colpi di testa o con le ali. Se mi aveste visto, avreste riso come dei matti: aprivo la finestra per cacciare le gazze, urlavo dopo questi fottuti uccelli che mi stavano rovinando…facevo un numero di circo incredibile eppure non c’era niente da fare perché ho una vita da vivere e non posso stare dietro la finestra dalla mattina alla sera. Stavo per abbandonare questa idea cretina della mangiatoia e dei soldi spesi per nutrire delle volgari gazze quando mi sono accorto che c’era un’altro tipo di uccello che frequentava la mangiatoia, sette od otto palombe che mi becchettano il mangime a terra. Da allora, non rimpiango più i soldi per il mangime anzi, le palombe stanno diventando grasse quanto delle oche. Il gatto ed io ci lecchiamo i baffi dietro la finestra. Se siamo fortunati, le palombe finiranno allo spiedo nel camino per Pasqua, ma non lo dite al Binocolo che mi ucciderebbe se sapesse del mio progetto.  

P.S : Pour Marion, Binocolo/jumelles c’est le sobriquet du personnage du récit à cause de sa passion pour l’ornithologie.

Un piatto tipico di Bordeaux e dintorni da mangiare in inverno? Il Parmentier d’anatra!

Facciamo qualcosa di tipico del Sudovest della Francia. Per questa ricetta occorrono delle cosce di anatra in confit. Il più semplice è comprare una scatola di confit. Contate tra 8 e 15 euro per 4 o 5 cosce, è una scommessa perché non si sa mai quante cosce ci sono dentro la scatola; d’altronde è scritto sull’etichetta: 4 o 5 cosce. Se leggete “manchons” sulla scatola di confit, sono ali di anatra, costano meno e vanno bene lo stesso per la ricetta. Le cosce sottovuoto costano di più mentre comprare le anatre grasse al mercato non ne parlo.

Per 4 bordolesi (o 8 parigini).

  • 1 scatola di cosce di canard confit
  • 2 kg di patate
  • Cipolla qb
  • Aglio qb (di Sulmona nel mio caso)
  • 50 cl di panna acida liquida
  • 100 g di parmigiano o di Grana (in Francia 250 g di parmigiano costano quasi il prezzo di una scatola di confit! 😱😱😱😱)
  • Erba cipollina per dare un po’ di colore
  • Sale, Pepe.

Il più fastidio è di togliere la pelle e di ritirare il più possibile di grasso intorno alle cosce. Sfilacciate la carne. Devo fare uno sforzo terribile perché altrimenti mangerei il confit così e mi leccherei dopo le dita piene di grasso tanto sono stato drogato dai miei parenti al grasso di anatra dalla mia più tenera infanzia.

Fate riscaldare per due o tre minuti la carne in padella senza aggiungere di grasso ovviamente perché ne resterà sempre abbastanza. Ritirate la carne dalla padella il tempo di soffriggere la cipolla, l’aglio e l’erba cipollina nel grasso rimanente. Rimettete la carne nella padella, salate, pepate. Mescolate bene e lasciate cuocere due minuti. Disponete la preparazione sul fondo di una pirofila.

Scaldate in una pentola la panna con il formaggio. Salate, pepate. Mescolate bene con una frusta. Riservate.

Preparate con le patate una purée che ha l’accento acuto in francese e che finisce con e perché è una femmina.

Aggiungete la metà della crema al formaggio alla purée. Mescolate bene. Non vogliamo qualcosa che faccia schifo quindi stiate attenti che la purée non sia troppo acquosa.

Quindi disponete lo strato di purée sopra il confit. Versate sopra il resto della crema. Una grattugiata di formaggio sopra prima di mettere il piatto al forno a 180 gradi per una trentina di minuti.

Cosi si mangia a Bordeaux e nei suoi dintorni! 😉

Médoc: La dieta.


Le prime castagne dell’anno. Mele, uva, fichi e castagne come dice la filastrocca bordolese.

La zia preoccupata al telefono: ma cosa stai mangiando in questo momento che sei un trinquelette*?

Alex: Ieri sera, ho mangiato un tourin all’aglio e un’insalata verde.

La zia: Ohami, non è abbastanza per un giovane come te!

Alex: Oggi, a pranzo, mangio castagne bollite che ho raccolto nella foresta, pane strofinato all’aglio e vino nuovo per mandare giù le castagne. Va bene?

La zia: Ohami, no! Nessuno mangia così! Ma non puoi mangiare normalmente che sembra la dieta alimentare dei bordolesi di una volta, voglio dire prima della Rivoluzione francese! 

Alex: Tranquilla zia, sono andato al mercato e ho comprato un mazzo di crescione, porri, carote, patate che costano care questo anno. Così mi faccio delle zuppe per tutta la settimana! 

La zia: Ohami, mio drôle* non sei mio nipote, sei mia bisnonna! Poi sei un ingrato!

Alex: E perché?

La zia: Non mi hai portato delle castagne! …..

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* trinquelette: magro magro / drôle: ragazzo.

Estuario: Il vecchio campanile di Saint-Vivien de Médoc!

Seduto su una panchina, sotto l’ombra dei platani della piazza, tra il municipio e il campanile, guardo appunto il “nuovo” campanile della chiesa di Saint-Vivien edificato dopo la seconda guerra mondiale, il precedente fu distrutto dai bombardamenti del aprile 1945 nonché la metà della cittadina; dalla chiesa del XII secolo rimane solo l’abside. Quindi sono seduto sulla panchina e prima di andare a comprare un panino nella panetteria-tabaccheria-macelleria-libreria-cantina…del Paese, vi racconto una storia a proposito del vecchio campanile.

Correva l’anno 1906, l’anno prima era stata promulgata la legge di separazione tra Stato e Chiesa. La Francia era sull’orlo della guerra civile tra clericali e anticlericali. Il Vaticano non aveva ancora capito, neanche dopo un secolo dalla Rivoluzione francese, il concetto di laicità. C’era una guerra fredda tra la Repubblica e la cricca del Vaticano, ma la Repubblica francese è una buona figlia generosa  e aveva comunque permesso ai preti di disporre gratis delle chiese e di potere usare delle campane per il loro commercio. Notate che, secondo la legge del 1905, erano i sindaci ormai che emettevano le ordinanze che regolevano tutti i suoni delle campane perché le campane non servono solo per la religione ovviamente.. Quindi è successo a Saint-Vivien-de-Médoc che la gente non ce la faceva più con il corvo cioè il prete del Paese che non solo non pagava l’affitto grazie alla bontà della Repubblica,  ma di più si era impadronito delle campane. Un corvo che sembrava un cuculo. E figuratevi che l’uccello si era messo addirittura a fare suonare le campane secondo lo spessore del portafoglio delle sue pecore. Campane a pagamento quindi. Il campanile di allora ospitava quattro campane. Ovviamente quando c’era un benestante, un borghese, un nobile, un padrone della vite che chiedeva di  fare suonare le campane, il corvo faceva scampanare dal povero sagrestano le quattro campane al volo per ore; quando c’era un miserabile, un pescatore di gamberetti, un bracciante della vite, il tizio aveva diritto soltanto al suono della campana più piccola per qualche minuto. Tutti dovevano pagare il prete per il suono delle campane, i poveri che avevano meno dei ricchi anche di più. Stessa cosa per le signorine ricche che frequentavano la sua confraternità di Maria, per loro, scampanate senza fine delle quattro campane e per le signorine povere del Paese, la campana più piccola, potente quanto il carillon asmatico dell’orologio da tavola della zia Bettina. Insomma, per parafrasare il vecchio La Fontaine: “a seconda che siate ricchi o poveri, le campane di Saint-Vivien suoneranno o no”. C’era un’ingiustizia gridante tra gli abitanti del Paese. Quindi per mettere fine ai litigi senza fine generati dal commercio delle campane da parte del corvo, il sindaco e il suo consiglio scrissero  un’ordinanza che indicava che le campane erano egualitariamente a disposizione di tutti gli abitanti, credenti o no credenti, in cambio di una piccola mancia a dare al sagrestano che le faceva suonare. Povero uomo. Quindi in questo anno 1906, in primavera, si sposavano il signor T….e la signorina F….. e vollero, in conformità con l’ordinanza del sindaco, che le campane suonassero al volo per annunciare la loro felicità a tutta la contrada. Gli sposi e gli invitati delle nozze escono dal municipio, la chiesa è di fronte. Lo sposo chiede al corvo di fare suonare le campane per il matrimonio, il prete chiede dieci franchi – che ce ne volevano alcuni giorni di sudore per farsi dieci franchi nel 1906. Lo sposo propone un colpo da bere del buon vino del Paese e una mancia per la fatica del sagrestano. Il prete rifiuta e vuole il denaro. Le voci si alzano. Presto si urla davanti alla chiesa. Il prete chiude i battenti alla faccia delle nozze. Il forsennato si è barricato dentro la chiesa. Lo sposo torna al municipio che si trova a meno di dieci metri dalla chiesa, sveglia il sindaco che era un po’ stordito dai bicchieri di vino regalati dagli sposi. Furioso il sindaco invia la guardia rurale a negoziare con il forsennato. La guardia rurale era l’equivalente del poliziotto municipale di oggi, senza taser ma con un tamburo da battere per fare gli annunci comunali. Pensate come era attrezzata la guardia rurale per fronteggiare lo scagnozzo di Dio. Il sindaco arriva, poi tutto il consiglio comunale e la metà del Paese. Tutti propongono soluzioni per sloggiare il corvo dal nido. I più anticlericali vogliono mettere il fuoco alla baracca. Altri propongono di andare a cercare il vescovo, di scrivere al Papa, di chiamare i carabinieri, di affamare il prete. Il sindaco dice che la chiesa appartiene al comune e invia a cercare il fabbro per fare saltare le serrature. Il prete è in cima al campanile e si vede tutta la gente del Paese, credente o no, che gli chiedono di aprire. Il tizio si rassegna finalmente e apre le porte. Il matrimonio si riversa nella chiesa, gli invitati penetrano nel campanile e scampanano come dei matti a tale punto che una campana rimane rovesciata, suonano tanto forte che il suono si fa sentire fino a Bordeaux, tutto al sud del mondo per un abitante di Saint-Vivien. Dopo, si cerca il prete per fare dire una messa per gli sposi, il tizio rifiuta, scappa e non si fa più vedere. Qualcuno mi ha detto che corre ancora.