A Londra, dentro la cappella San Giorgio di Windsor, lo stallo più antico è quello del guascone Giovanni di Grailly, il captal di Buch (il signore di Buch), il cavaliere più famoso del XIV secolo di cui il solo nome faceva tremare il Re di Francia e spaventava le sue armate. Erano i tempi in cui l’Inghilterra apparteneva ai duchi d’Aquitania, i tempi della guerra dei cent’anni e dei nostri antenati bordolesi che combattevano l’invasore francese. Oggi, il Paese di Buch è il territorio intorno al Bacino di Arcachon che confina al Nord con il Médoc ma, nel XIV secolo, il captalat di Buch (la signoria di Buch) possedeva anche tutte le terre tra la città di Cadillac e le porte Sud di Bordeaux (la Benauge era il nome di questo territorio) e una buona parte del Médoc. Il captal di Buch, Giovanni di Grailly, insieme al principe Nero, vinsero l’esercito francese e catturarono il Re di Francia, il bastardo Giovanni II, alla battaglia di Poitiers ed i trovatori ne fecero delle canzoni. Il castello inespugnabile di Benauge era la dimora della famiglia di Grailly.
In una delle sale del castello, Il vecchio leone, ottantaquattro anni, la schiena dritta come una I, ascolta il giovane marito della nipotina salmodiare la litania dei personaggi che hanno occupato il castello da mille anni. Il giovane uomo perde il filo, balbetta, si perde nei numeri romani dei diversi Giovanni e Pietro. Il vecchio leone sorride, si avvicina e riprende la trama, senza esitare, tale un Re polinesiano che conosce la genealogia dei suoi antenati dalla notte dei tempi. Il vecchio leone dalla voce cristallina è un affabulatore nato e presto mi ritrovo immerso nella vita di Giovanni di Grailly e della sua lotta fino all’ultimo sangue per l’indipendenza della Guascogna. Quaranta minuti di racconto sono passate in un lampo. Il vecchio leone quasi si scusa del suo entusiasmo, ringrazia e si allontana. Il marito della nipotina mi invita a vedere i resti del torrione, delle tre torri, delle mura e della cappella. La parte più antica del castello è stata venduta a un mercante di pietre alla Rivoluzione e la famiglia del vecchio leone ha acquistato la rovina dopo la prima guerra mondiale. Non posso evitare di fare il parallelo tra la vita di Giovanni di Grailly e quella del vecchio leone. La stessa volontà implacabile. La promessa del leoncino fatta al nonno di salvare il castello. L’immagino, giovane con il fratello, salire in cima al torrione per segare i pini mostruosi che erano cresciuti sul tetto e che minacciavano di fare crollare il torrione e tutto il castello, L’immagino troncare l’edera spessa come una foresta di querce che assaliva il torrione. Immagino tutto questo combattimento per più di trent’anni per salvare il torrione; tutti questi anni a fare lo scalpellino, il muratore, il carpentiere; tutti questi anni di lotta per convincere l’architetto dei monumenti di Francia ad ogni volta che ci voleva spostare una pietra; tutti questi anni di lotta ad assillare gli artigiani che non volevano venire in queste colline sperdute per dei lavori complicati e pericolosissimi; tutti questi anni ad elemosinare fondi all’amministrazione e convincerla che valeva la pena di salvare il castello di Benauge; tutti questi anni a fare visitare il castello, a fare delle confetture, a coltivare la vigna per guadagnare di che continuare un anno di più. Ancora quest’estate, quando l’associazione degli amici del castello ei volontari sono venuti per consolidare il muro di una torre, il vecchio leone si è montato tutto il ponteggio, è sceso nel pozzo che era ostruito per liberarlo e così tutti i volontari hanno avuto dell’acqua fresca. Il vecchio leone non si fermerà mai fino al suo ultimo soffio; ha sistemato l’elettricità nella parte rinascimentale del castello per il matrimonio della nipotina; continua instancabilmente a cercare il passaggio segreto che permetteva di scappare dal castello. Il vecchio leone ha saputo trasmettere il suo entusiasmo ai suoi discendenti. Guardo il paesaggio di colline intorno al castello, il vecchio leone viene a trovarmi per ringraziarmi per la visita, dice che i miei sei euro partecipano alla salvaguardia del castello. Non so cosa rispondere. Ci sorridiamo.