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Oceano: Non rischiate l’elicottero!

70 annegamenti e 21 morti sul nostro litorale nel 2020 quindi non fate i turisti cretini, ignoranti e presuntuosi quando venite sull’Oceano Atlantico. Prendete tre minuti per leggere tutti i cartelli informativi che vedete e soprattutto quelli che spiegano cosa sono le baïne* perché sono responsabili del 95% degli annegamenti. Non pensate che l’Oceano Atlantico sia il vostro amico perché non lo è; non pensate che l’Oceano Atlantico sia il mare mediterraneo perché è diverso; non pensate che le magnifiche onde che nascono nell’Atlantico Nord e che si infrangono sul nostro litorale non siano omicide perché, ogni estate, fanno strage di ignoranti e di presuntuosi. Se, ogni giorno, gli indigeni prendono il tempo di fare disegni per indicarvi dove potete fare il bagno e dove sono le baïne, è per evitarvi l’elicottero o peggio.   

*Semplicemente la baïne è una cavità scavata nella sabbia dall’Oceano. Dovete sapere che le baïne possono formarsi ovunque. Le baïne si spostano secondo le stagioni, le maree, la forza delle onde, la qualità della sabbia, il declivio della spiaggia…ecc…Queste cavità possono raggiungere quattro o cinque metri di profondità rispetto al livello medio del fondo sommerso. Durante la bassa marea, la baïne assomiglia ad un bacino ancora riempito d’acqua mentre il mare si è ritirato. Quando la marea sale o prima che sia bassa, la baïne diventa invisibile per un occhio non avvertito. A causa della sua profondità, ci si genera dentro una violenta corrente dovuta alla grande massa d’acqua che riparte verso il largo ad ogni movimento di riflusso. A questo punto, nuotare nella baïne assomiglia a fare il bagno alla bocca di un fiume.  La baïne è anche il luogo dove le onde sembrano meno potenti e meno pericolose. Il bagnante non si rende conto di niente tranne quando vuole tornare a riva e che, dopo la sorpresa, è preso dal panico e si annaspa e si esaurisce a nuotare controcorrente rischiando l’annegamento per raggiungere la riva a qualche decina di metri. Se il bagnante cretino avesse letto i cartelli informativi, si sarebbe lasciato portare verso il largo dove la corrente della baïne finisce per diluirsi nei movimenti dell’Oceano. Così, il bagnante avrebbe potuto raggiungere la riva lasciandosi portare dalla corrente Nord-Sud e dalla forza delle onde. E l’elicottero non avrebbe dovuto decollare per la venticinquesima volta della giornata. 

Estuario: Un pomeriggio a Beychevelle.

“A’stat, lo Medòc era una contrada de sorcièrs e de romarins. Cadun divendres dessèir, a mejanuit, los sorcièrs se reunissèvan per celebrar lo sabat sau Prat Lauret…..”

Una volta, il Médoc era un paese di stregoni e di lupi mannari. Ogni venerdì sera, a mezzanotte, gli stregoni se riunivano per celebrare il sabba sul prato Lauret tra il piccolo porto di Beychevelle e Cussac. Facevano un gran cerchio e danzavano intorno a una pietra eretta che era al centro del prato Lauret. Si diceva che questi stregoni avevano un potere straordinario, che le loro reazioni non si potevano mai prevedere, che loro facevano secondo le loro regole e che valeva meglio evitare di stare sul prato Lauret un venerdì sera all’ora degli stregoni. D’altronde c’è un racconto molto conosciuto nel Médoc che lo insegna, la storia dei due gobbi.

Dunque, una volta, c’erano due gobbi; l’uno abitava Cussac e l’altro Beychevelle. Si conoscevano molto bene e un giorno d’autunno si incontrarono cercando porcini nel bosco di Beychevelle non lontano dal prato Lauret..

Té, sei tu?

E sì, sono io. Addio, e come stai?

Boh, non sono morto. E tu?

Lo stesso, va bene…ma figlio di puttana del diavolo! non sei più gobbo!

E no!

E come mai?

Té, ora ti racconto il coso. Potrai far lo stesso, se vuoi. Ti faranno probabilmente quello che mi hanno fatto: ti tireranno via la gobba. Un venerdì sera, andrai al prato Lauret dietro il castello di Beychevelle. Ti terrai all’ingresso sul colpo di mezzanotte, ci vedrai arrivare sette uomini: sono i più potenti stregoni del Médoc, soprattutto non dovrai aver paura. Li lascerai passare, non ti faranno del male, se ne fregheranno di te. Allora dovrai seguirli. Quando arriveranno nel mezzo del prato, si daranno la mano, poi faranno il girotondo cantando: tre per sette fa ventuno! Tre per sette fa ventuno! e sempre cosi. Conterai tre giri di girotondo. Allora, salterai nel mezzo del girotondo e griderai: E uno fa ventidue! E loro si fermeranno e vedrai…

Ovviamente, il nostro gobbo non mancò l’occasione e si recò al sabba del venerdì seguente, e potete credere che fece tutto quello che l’altro gli aveva detto perché non era interessato, come l’altro imbecille, da lasciare la sua gobba che lui aveva da una vita, ma voleva chiedere agli stregoni dell’oro, un pieno cassone d’oro….

Té, Che cos’è questo, questo coso ? Chi è costui qui ? Non è uno stregone questo ? Ah no, e che abbiamo là?

Ma non lo vedi ? E un altro gobbo!

Un altro gobbo?

Ah, madre del diavolo! disse uno stregone. Ancora un gobbo, ma non hanno mai finito di rompere questi fottuti gobbi, di venire a scocciarsi durante il sabba! E che dobbiamo fare con costui? Che possiamo fargli?

Allora il gobbo disse agli stregoni che litigavano tra loro: Va bene, voglio quello che l’altro gobbo ha lasciato!

Beh d’accordo disse un altro stregone ancora arrabbiato, diamogli la gobba dell’altro e il povero gobbo torna con due gobbe al posto di una.

Covid-19: Riapertura delle discoteche in Francia!

All’occasione di questa pandemia, ho scoperto che c’erano ancora delle discoteche in Francia e io che pensavo che le ultime si fossero estinte all’inizio degli anni ’90! Quindi le discoteche francesi – ma dove sono queste discoteche che dove vivo hanno tutte chiuso 30 anni fa? – riaprono, ma attenti per entrare in discoteca ci vuole un tampone negativo di meno di 48 ore, il green pass che prova che avete fatto le vostre due dosi di vaccino. Dentro, il rispetto del distanziamento (dimenticate i lenti) e la capienza del locale dovrà essere ridotta al 30% (ma quando esistevano ancora le discoteche non ci si andava per rimorchiare?). Insomma il governo riapre le discoteche, ma  fuori questione che i nostri tamarri francesi prendono la febbre del sabato sera!  😉

Attraverso il finestrino passaggero sporco….

La macchina sballotta e geme sul viale parafuoco scassato che attraversa questo pezzo di pineta. Mi fermo per lasciare passare una laie* ed i suoi marcassin*. La macchina ringrazia, i miei reni in marmellata ugualmente. La laie non ha fretta e nemmeno io. La osservo in mezzo al viale sorvegliando i marcassin che stanno frugando dentro una craste* secca che corre lungo il parafuoco. Per passare il tempo, decido di scattare una foto con il telefono. Guardo la foto e penso che forse dovrei lavare la macchina, l’ultima volta era quando cadeva il polline dei pini. Va bene, annunciano della pioggia nella settimana, andrà bene così come lavaggio. Appena ho rinunciato a questo progetto cretino che vedo la laie guardare la macchina di un’aria schifata tipo: e dopo questi esseri umani ripugnanti dicono che siamo sporchi! Poi essa raggiunge il coperto delle querce seguita dai marcassin in fila. Scendo dalla macchina e grido in direzione delle querce con una mancanza completa di convinzione: va bene, inutile di fare la principessa, d’accordo, la laverò presto! Una volta di nuovo in macchina, mi metto a ridere del mio tentativo ridicolo di ingannare con una bugia un animale più furbo di me. 😉

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*Laie/scrofa. (cinghiale/sanglier)

*Marcassin/cucciolo di una scrofa.

Craste/parola guascone che designa un piccolo fiume scavato per aiutare lo scorrimento dell’acqua delle paludi.      

Dove l’autore di questo blog si fa vaccinare!

Il vantaggio di vivere nel Médoc è che il tuo centro di vaccinazione Covid-19 può assomigliare addirittura a una proprietà vitivinicola dell’Ottocento anche se le viti sono state divorate da tempo dall’urbanizzazione. All’ora dell’aperitivo, sto attraversando il piccolo giardino alla francese dove i gigli sono tutti fioriti, sotto la vecchia magnolia che profuma di limone, sono intercettato da un villano né buongiorno né merda e il tizio mi lancia: Pffff, ho soltanto la carta di identità, ho dimenticato la carta di previdenza sociale a casa, credi che la tipa all’ingresso mi lascerà entrare? Buongiorno signor, non lo so, penso di sì. Secondo me lei può rasserenarsi, la carta di identità sarà il suo viatico per varcare la soglia…Il tizio mi interrompe: non capisco niente, posso entrare sì o no? Penso di sì, signor. Buongiorno. Pensavo male perché il dragone alla porta non vuole lasciare passare il villano. Signor, dice il dragone per l’ennesima volta, abbiamo solo bisogno del suo numero di previdenza sociale! L’uomo si volta più volte verso di me lanciandomi sguardi assassini. Ma il tizio dietro mi ha detto che potevo entrare senza la carta di previdenza sociale! Il villano cerca il mio sostegno e non posso fare finta di niente, aprire le mani, alzare le spalle e fare la mia famosa smorfia: ah, la burocrazia francese! Intervengo. Signor, dico, già sappiamo i sette primi numeri: il primo è il sesso, i due che seguono l’anno di nascità, poi viene il mese, il numero di dipartimento. Ora restano solo otto numeri da trovare. Lei si concentra. Ma niente, non gli viene assolutamente niente in mente e il tizio è pregato di andare a casa a cercare la carta con il numero completo. Gli faccio la mia famosa smorfia: va bene, abbiamo comunque provato, ma sento bene che se lui potesse assassinarmi, non sarebbe senza un certo piacere. Entro in una stanza con un bel camino, un antico parquet di quercia al suolo che sente l’encausto, lampadari di cristallo  che scendono dal soffitto. Una giovane signora mi dà il documento da compilare e – io che ho detto al tizio di tentare di ricordarsi del suo numero di previdenza sociale – pensate bene che devo guardare la mia carta perché chi lo conosce questo numero di previdenza sociale che fa quindici cifre? Una volta il documento completato, la giovane signora mi chiede di seguirla nel salotto che è una specie di galleria degli specchi in miniatura, poi di sedermi in una poltrona Luigi XVI aspettando che qualcuno venga a cercarmi. Lo conosco questo salotto perché è la mia seconda dosa di Moderna oggi, e già la prima volta guardandomi negli specchi mi ero detto che avrei dovuto vestirmi in modo più raffinato, e niente anche questa volta assomiglio a un tizio che torna dalla spiaggia con il mio vecchio maglione, i miei jeans e le espadrillas ai piedi; mi sono vestito quasi come la prima volta. Ovviamente in quell’ambiente, mi viene la voglia di un bicchiere di vino, non vi dico quanto ho bisogno di un bicchiere che è quasi l’ora della cena. La giovane signora viene tre volte per chiedermi se tutto va bene, ma non oso dirle che sarebbe un’idea di offrirmi un bicchiere. Poi, un’altra signora annuncia il mio cognome ad alta voce e sono invitato a seguirla nel giardino d’inverno dove hanno creato con delle tende una decina di stanze individuali, un misto tra un vecchio ospizio e un fumeria d’oppio in un episodio di Sherlock Holmes. Va bene, mi dico, tiro un po’ la tenda e dietro ci sono un’infermiera e un medico. Ora i francesi hanno tutti la barba e questo medico non fa eccezione. L’infermiera è magra quanto un gatto, ma capisco che è lei che dirige l’affare. Il medico fa l’impiego amministrativo e mi chiede quattro volte di ripetere il mio numero di previdenza sociale. Non mi chiedete il perché ma comincio a conoscerlo a memoria questo numero. Appena in maglietta che l’infermiera mi chiede: braccio sinistro o destro? Destro, rispondo. Non pensavo che una donna così magra potesse pugnalare un uomo in quel modo. So che non è possibile, ma mi è sembrato che l’ago abbia addirittura toccato l’osso. E dire che la prima volta con una sua collega non avevo sentito niente, ma quella mi ha fatto davvero male. E poi la faccia tosta della donna che si vanta: Ah, lei non ha detto niente, ma è così con tutte le persone che vaccino, ho delle dita di fata, la cosa è conosciuta. Forse, penso tra me e me, che le persone che tu vaccini sono in stato di shock dopo la puntura come me in questo momento. Almeno mi è servito a qualcosa di dare quattro volte il mio numero di previdenza sociale perché il medico-impiego amministrativo mi ha già stampato il mio “green pass”. Lei deve aspettare ancora un quarto d’ora prima di potere partire. Torno verso il salotto per ritrovare la mia poltrone Luigi XVI. Forse questa volta che vado via, avrei diritto a un bicchiere di vino, il bicchiere dell’amicizia come si dice. Purtroppo la mia poltrona è occupata nonché tutte le altre e cosa vedo in piedi ad aspettare di potere sedersi?  Il mio villano! Ah, signor, allora lei è riuscita ad entrare? Gli faccio la mia smorfia: abbiamo vinto l’amministrazione alla fine! Lui non risponde e fa finta di non conoscermi. Va bene, gli perdono che non sono qualcuno a vessarmi per niente. La giovane signora preposta al salotto si avvicina di nuovo a me. Il bicchiere penso. Ma no, è per dirmi che i vaccinati non hanno più diritto al salotto e che devono aspettare nel giardino d’inverno. Lei mi dice che devo sedermi su una sedia da campeggio di quelle che sono disposte lungo la vetrata? Ho l’impressione di essere una pianta verde. Poi, una signora viene a sedersi accanto a me. Buongiorno signora, vedo che anche lei ha il suo certificato Covid per viaggiare! Buongiorno, Oh sì, ne avevo assolutamente bisogno per partire in vacanze, andiamo in Nuova-Caledonia quest’anno e lei? No, io resto a Bordeaux ma il certificato potrebbe comunque mi servire a varcare un confine! Quale? lei chiede. Mi piacerebbe passare qualche giorno nelle Landes. Lei ride e le faccio la mia smorfia: quanto sono spiritoso! Ridiamo insieme anche se, nel mio caso, rido per farle compagnia perché parlavo molto seriamente. Il quarto d’ora è passato. La casa è solo a dieci minuti. Finalmente questo bicchiere….