
Il vantaggio di vivere nel Médoc è che il tuo centro di vaccinazione Covid-19 può assomigliare addirittura a una proprietà vitivinicola dell’Ottocento anche se le viti sono state divorate da tempo dall’urbanizzazione. All’ora dell’aperitivo, sto attraversando il piccolo giardino alla francese dove i gigli sono tutti fioriti, sotto la vecchia magnolia che profuma di limone, sono intercettato da un villano né buongiorno né merda e il tizio mi lancia: Pffff, ho soltanto la carta di identità, ho dimenticato la carta di previdenza sociale a casa, credi che la tipa all’ingresso mi lascerà entrare? Buongiorno signor, non lo so, penso di sì. Secondo me lei può rasserenarsi, la carta di identità sarà il suo viatico per varcare la soglia…Il tizio mi interrompe: non capisco niente, posso entrare sì o no? Penso di sì, signor. Buongiorno. Pensavo male perché il dragone alla porta non vuole lasciare passare il villano. Signor, dice il dragone per l’ennesima volta, abbiamo solo bisogno del suo numero di previdenza sociale! L’uomo si volta più volte verso di me lanciandomi sguardi assassini. Ma il tizio dietro mi ha detto che potevo entrare senza la carta di previdenza sociale! Il villano cerca il mio sostegno e non posso fare finta di niente, aprire le mani, alzare le spalle e fare la mia famosa smorfia: ah, la burocrazia francese! Intervengo. Signor, dico, già sappiamo i sette primi numeri: il primo è il sesso, i due che seguono l’anno di nascità, poi viene il mese, il numero di dipartimento. Ora restano solo otto numeri da trovare. Lei si concentra. Ma niente, non gli viene assolutamente niente in mente e il tizio è pregato di andare a casa a cercare la carta con il numero completo. Gli faccio la mia famosa smorfia: va bene, abbiamo comunque provato, ma sento bene che se lui potesse assassinarmi, non sarebbe senza un certo piacere. Entro in una stanza con un bel camino, un antico parquet di quercia al suolo che sente l’encausto, lampadari di cristallo che scendono dal soffitto. Una giovane signora mi dà il documento da compilare e – io che ho detto al tizio di tentare di ricordarsi del suo numero di previdenza sociale – pensate bene che devo guardare la mia carta perché chi lo conosce questo numero di previdenza sociale che fa quindici cifre? Una volta il documento completato, la giovane signora mi chiede di seguirla nel salotto che è una specie di galleria degli specchi in miniatura, poi di sedermi in una poltrona Luigi XVI aspettando che qualcuno venga a cercarmi. Lo conosco questo salotto perché è la mia seconda dosa di Moderna oggi, e già la prima volta guardandomi negli specchi mi ero detto che avrei dovuto vestirmi in modo più raffinato, e niente anche questa volta assomiglio a un tizio che torna dalla spiaggia con il mio vecchio maglione, i miei jeans e le espadrillas ai piedi; mi sono vestito quasi come la prima volta. Ovviamente in quell’ambiente, mi viene la voglia di un bicchiere di vino, non vi dico quanto ho bisogno di un bicchiere che è quasi l’ora della cena. La giovane signora viene tre volte per chiedermi se tutto va bene, ma non oso dirle che sarebbe un’idea di offrirmi un bicchiere. Poi, un’altra signora annuncia il mio cognome ad alta voce e sono invitato a seguirla nel giardino d’inverno dove hanno creato con delle tende una decina di stanze individuali, un misto tra un vecchio ospizio e un fumeria d’oppio in un episodio di Sherlock Holmes. Va bene, mi dico, tiro un po’ la tenda e dietro ci sono un’infermiera e un medico. Ora i francesi hanno tutti la barba e questo medico non fa eccezione. L’infermiera è magra quanto un gatto, ma capisco che è lei che dirige l’affare. Il medico fa l’impiego amministrativo e mi chiede quattro volte di ripetere il mio numero di previdenza sociale. Non mi chiedete il perché ma comincio a conoscerlo a memoria questo numero. Appena in maglietta che l’infermiera mi chiede: braccio sinistro o destro? Destro, rispondo. Non pensavo che una donna così magra potesse pugnalare un uomo in quel modo. So che non è possibile, ma mi è sembrato che l’ago abbia addirittura toccato l’osso. E dire che la prima volta con una sua collega non avevo sentito niente, ma quella mi ha fatto davvero male. E poi la faccia tosta della donna che si vanta: Ah, lei non ha detto niente, ma è così con tutte le persone che vaccino, ho delle dita di fata, la cosa è conosciuta. Forse, penso tra me e me, che le persone che tu vaccini sono in stato di shock dopo la puntura come me in questo momento. Almeno mi è servito a qualcosa di dare quattro volte il mio numero di previdenza sociale perché il medico-impiego amministrativo mi ha già stampato il mio “green pass”. Lei deve aspettare ancora un quarto d’ora prima di potere partire. Torno verso il salotto per ritrovare la mia poltrone Luigi XVI. Forse questa volta che vado via, avrei diritto a un bicchiere di vino, il bicchiere dell’amicizia come si dice. Purtroppo la mia poltrona è occupata nonché tutte le altre e cosa vedo in piedi ad aspettare di potere sedersi? Il mio villano! Ah, signor, allora lei è riuscita ad entrare? Gli faccio la mia smorfia: abbiamo vinto l’amministrazione alla fine! Lui non risponde e fa finta di non conoscermi. Va bene, gli perdono che non sono qualcuno a vessarmi per niente. La giovane signora preposta al salotto si avvicina di nuovo a me. Il bicchiere penso. Ma no, è per dirmi che i vaccinati non hanno più diritto al salotto e che devono aspettare nel giardino d’inverno. Lei mi dice che devo sedermi su una sedia da campeggio di quelle che sono disposte lungo la vetrata? Ho l’impressione di essere una pianta verde. Poi, una signora viene a sedersi accanto a me. Buongiorno signora, vedo che anche lei ha il suo certificato Covid per viaggiare! Buongiorno, Oh sì, ne avevo assolutamente bisogno per partire in vacanze, andiamo in Nuova-Caledonia quest’anno e lei? No, io resto a Bordeaux ma il certificato potrebbe comunque mi servire a varcare un confine! Quale? lei chiede. Mi piacerebbe passare qualche giorno nelle Landes. Lei ride e le faccio la mia smorfia: quanto sono spiritoso! Ridiamo insieme anche se, nel mio caso, rido per farle compagnia perché parlavo molto seriamente. Il quarto d’ora è passato. La casa è solo a dieci minuti. Finalmente questo bicchiere….