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Estuario: La corda.

Un’ora ha detto il tizio del centro revisione auto. Non lontano dal centro auto, c’è il vecchio liceo. Quando lo frequentavo erano vecchi  prefabbricati costruiti in fretta dopo la seconda guerra mondiale. Poi, abbastanza recentemente, il comune si è accorta che la guerra era finita da settanta anni e la regione, la morte nell’anima ma i genitori sono diversi di quelli di una volta, ha deciso di radere i prefabbricati per costruire un liceo nuovo di zecca: senza amianto, senza ragazzi che gelano in inverno e che friggono in primavera. Dietro il liceo, c’è la foresta e il fiume verso il quale dirigo i miei passi per andare a respirare un po’ di freschezza. Nella cala che avevo scoperto con due altri liceali, ci sono due ciclisti tedeschi, seduti sulla sabbia, che si ristorano. Pellegrini di Compostela, penso, visto tutta questa roba pesante, in equilibrio precario sulle bici appoggiate a un albero. Dopo il consiglio di classe di primavera, i corsi proseguivano anche se conosceste già la vostra sorte. Un giorno che c’era un buco di due ore tra due corsi, avevo sgattaiolato fuori, con due altri, per andare a vagare verso il fiume e avevamo scoperto la cala. Una vecchia corda tutta sfilacciata era annodata allo stesso ramo di salice. La mensa del liceo era fuori, in centro del paese, quindi l’indomani, invece di andare a pranzare, siamo tornati alla cala. Uno aveva rubato una corda nel garage del padre, Un altro due birre al suo padre che non ne teneva il conto. Abbiamo riuscito ad annodare, chissà ancora come, la nuova corda al ramo. Poi abbiamo nascosto la birra in qualche arbusto di pungitopo che era già l’ora di tornare al liceo. L’indomani siamo tornati per bere la birra e, in costume, abbiamo giocato a saltare dalla riva per afferrare la corda sopra il fiume. Ovviamente nessuno ci riusciva e finivamo in acqua. Un maggio di tanti anni fa. La storia è durata tutta una settimana. Forse alla mensa si erano resi conto che non ci andavamo più, ma non è così che siamo stati beccati. Il venerdì c’erano due ore di matematica dopo il pranzo e, ci divertivamo tanto al fiume con il gioco della corda, che avevamo dovuto sbrigare per non tornare in ritardo al liceo, rivestiti in quarta senza  aver avuto il tempo di asciugarsi. I capelli bagnati, le magliette con degli schizzi di umidità, i costumi bagnati sotto i jeans. Durante la lezione, gli occhi che guardavano fissamente in basso per paura di essere interrogati dalla professoressa. Poi il fatidico: Signor A…, alla lavagna! pronunciata dalla maledetta. Poi ancora dopo dieci seconde mentre stavo disperatamente tentando di rimettere le mie scarpe che avevo tolto: Ma cosa lei fa che l’ho chiamata? E tutti gli allievi di ridere tranne io ei miei due complici mentre mi avanzavo gocciolante verso la lavagna e che avevo l’impressione che il rumore delle mie scarpe faceva dei mostruosi: splash, splash e altri ploc, ploc….Niente sembra cambiato, c’è sempre una corda come una volta e, a fantasticare sulla sponda del fiume, sono in ritardo per andare a recuperare l’auto.