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Alex il Medullo nel Paese dei Petrocori. Terza parte.

Sapete, cari lettori e care lettrici, come si riconoscono i più bei paesi di Francia? Due cartelli li indicano. Uno all’ingresso del paese, l’altro all’uscita. Non cercate questi cartelli nel Paese dei Medulli, non esistono, tutti i nostri paesi sono di una desolante banalità. Invece nel Paese dei Petrocori tutti i paeselli sembrano aver il famoso marchio e fanno a gara, ogni anno, per sapere quale sarà il paese più bello. Sulla strada che porta da Périgueux a Nontron, la capitale dell’alto Périgord, tra la cittadina di Villars e quella di Thiviers, in una valle ridente seminate da prati, vigneti, campi e foreste di castagni, c’è il paese di Saint-Jean-de-Côle sulla riva sinistra della Côle. La Côle è un fiume che scende dai colli (di cui il nome) e, gonfiato dai suoi affluenti che possono avere nomi divertenti, uno di questi ruscelli si chiama addirittura la coda dell’asino, attraversa tutta la valle. Saint-Jean-de-Côle è un grosso borgo che durante il XIX secolo ha avuto fino a mille abitanti e che ne conta a malapena trecento oggi. All’ingresso del paese c’è la chiesa bizantina di Saint-Jean-Baptise che ha visto la sua cupola crollare più volte nel corso della storia – la prova che gli architetti Petrocori non sono esattamente dei Brunelleschi –  poi, alla fine, dopo un ennesimo crollo durante il XIX secolo, la cupola è stata cambiata per un tetto piatto. La chiesa bizantina è antichissima, pensate che il coso è stato stato edificato nel 1081 insieme al priorato dei canonici regolari di San Giovanni Battista che lo affianca sul retro. Eh sì, all’origine non era la chiesa della parrocchia, ma quella di un priorato. La chiesa fatiscente del paese  si chiamava San Giacomo ed è stata demolita per aumentare la capacità del camposanto. Forse vi chiedete perché il paese si chiama Saint-Jean nonché la chiesa e l’ordine dei canonici? Perché, ma non mi chiedete come la cosa è successa, la chiesa possedeva una reliquia di San Giovanni Battista, un cubito per essere preciso, ma quanto a sapere se fosse il cubito destro o sinistro, è un mistero). Accanto alla chiesa di Saint-Jean, c’è il castello dei de Lamarthonie (in realtà sono due castelli che ne fanno uno solo). Il castello è stato edificato nel corso del XV secolo al posto di un castello primitivo che fu distrutto quando i bordolesi ed altri inglesi furono cacciati del paese dai francesi nel 1404, ai tempi della guerra dei cent’anni. I de Lamarthonie hanno dato alcuni bastardi che furono membri del parlamento di Bordeaux e non avete bisogno di saperne di più tanto raccontare la storia di questa famiglia sarebbe fastidioso. Non si vede più oggi, ma è la stessa cosa in tutti questi paesi del Périgord. Il fiume segnava il confine tra il mondo religioso e il mondo laico. Dovete immaginare una topografia diversa da quella di oggi. Il castello circondato da fossati riempiti d’acqua grazie a una deviazione della Côle e al riparo, accanto, la chiesa e il priorato su un isolotto tra il fiume e la sua deviazione. I canonici regolari di San Giovanni Battista potevano accedere al resto del paese, alla corruzione e alle turpitudini soltanto uscendo dalla porta d’ingresso della chiesa. Quindi non vi racconto nemmeno i settecento anni della storia dei canonici di San Giovanni Battista, ma solo un episodio che si è svolto durante la Rivoluzione francese  dove il priorato andava già a rotoli decine di anni prima la presa della Bastiglia. Quindi quando i rivoluzionari bussarono alla porta della chiesa nel 1790 per cacciare la superstizione e vendere gli edifici per farsi un po’ di soldi, trovarono solo tre vecchi canonici che bazzicavano ancora i luoghi. È durante questo periodo che fu perso il cubito di San Giovanni Battista. Secondo la mia teoria, i rivoluzionari frustrati dalla situazione per vendicarsi o affamati dal viaggio da Périgueux, hanno usato l’osso per migliorare la zuppa o farsi un osso buco se ci fosse ancora della carne intorno e del midollo dentro. Esco dalla chiesa e percorro le vie di Saint-Jean-de-Côle fino a ritrovarmi sul ponte medievale sopra la Côle  dove si vede il mulino, i resti del priorato, del chiostro, una parte della chiesa e del castello dei de Lamarthonie. Ma è vero che mi ha dato fame questa storia dell’osso di San Giovanni Battista! Rido dolcemente a questa idea pazza che mi è venuta. Mille anni di ostentazioni ogni 24 giugno del cubito di San Giovanni Battista, un rivoluzionario passa, ruba il reliquiario, lo apre e esclama: Eh, non male per la zuppa di stasera!  Va bene, devo assolutamente trovare qualcosa da mangiare che sto delirando!….. 

Alex il medullo nel Paese dei petrocori. Secondo parte.

Un altro nome del gatto in francese è cancelliere (greffier) perché tutti sappiamo che i gatti quando scrivono hanno questa bellissima calligrafia e che possono adottare qualsiasi stile dal monaco copista del medioevo fino allo stile perfetto dell’impiegato dell’anagrafe ai tempi della terza Repubblica. Io scrivo a zampa di mosca come si dice in francese, non mi chiedete di rileggere qualcosa che ho scritto perché non ne sono capace. Nel Paese dei Petrocori, i gatti sono anche bravissimi per inventare giochi di parole e altri calembour tipicamente francesi. Io non potrei nemmeno concepire una barzelletta terza Repubblica da inviare a una guida televisiva per guadagnare cinque euro, non mi verrebbe un’idea anche se dovessi essere torturato a morte. Già non avrei mai la calligrafia di un cancelliere, ma ora scopro che i gatti del Paese dei Petrocori padroneggiano tanto la lingua francese che fanno  calembour bellissimi che sono costretto a rileggere più volte per capirli. Il gatto che troneggia sul suo muretto davanti alla casa, tale una sfinge egiziana, mi guarda con un’aria beffarda. Mi avvicino per leggere cosa la bestiola ha scritto sulla cassetta delle lettere. Leggo: Nella vita bisogna essere timbrato e fiero di lettere. (nb: timbrato significa anche pazzo. Lettere e l’essere sono omofoni in francese: lettre/l’être). Il cancelliere sembra sfidarmi di fare meglio. Alzo le spalle. Sono vinto.

Dopo l’episodio del gatto, continuo la camminata  tra le viuzze fiorite del paese deserto. Ammiro le case a traliccio. I cespugli di vecchie ortensie grosse quanto delle piccole querce, sono sul punto di fiorire. I vasi traboccano di fragole, le rose fioriscono come in giugno. Ovunque la natura è in fiore: distese di aiuole curatissime di astri settembrini e di balsamine di Balfour. Eh, ma lo sanno nel Paese dei Petrocori che ufficialmente siamo a fine ottobre e non in primavera! Una vecchia si avvicina spingendo un passeggino. Oh, non è un nipote seduto nel coso, ma un cagnolino! Non ho mai vista una cosa del genere, una pazza sicuramente! Buongiorno signor, saluta la vecchia. Addio signora, rispondo. Poi la signora inizia a lamentarsi che sono troppi i ventisette gradi di oggi, che non c’è più di stagione, che l’autunno è troppo caldo. Vorrei gridare che nel mio Paese dei medulli, in riva all’oceano, crepiamo di freddo e di umidità, che non ci sono più fiori da almeno tre mesi, che ho acceso il riscaldamento e che il prezzo del gas mi impedisce di dormire la notte, che non mangiamo delle fragole con della panna, ma che da noi, siamo già ai tourin e alle garbure*, che lei non dovrebbe lamentarsi. Ma ovviamente non le dico niente perché sono troppo educato e anzi mi lamento con lei del bel tempo. Va bene, la vecchia è partita. Meno di un giorno nel Paese dei Petrocori che ho già una di questa nostalgia del Paese dei Medulli! Ricordo quello che ha scritto il gatto e forse non ne sono particolarmente fiero, ma timbrato certo che lo sono! 

*La garbure è un minestrone tipico del Sudovest della Francia: grasso d’anatra (per fare soffrigere le cipolle e l’aglio), confit d’anatra, prosciutto, cavolo, fagioli, patate, porri, aglio, cipolle, rape, sale, pepe e un trito d’aglio da aggiungere sopra quando il minestrone è pronto.

Alex il medullo nel Paese dei petrocori! Prima parte.

Dopo il mio viaggio di due anni fa in Gallia nel Paese dei Santones, vi propongo un nuovo viaggio in Gallia in scatti e racconti di tre pomeriggi di libertà che ho avuto nel Paese dei Petrocori (i Petrocori era il popolo gallico stanziato nel Périgord di cui il nome di questa antica provincia francese d’antico regime e della città di Périgueux che ai tempi dei Petrocori si chiamava Vesunna, il Périgord corrisponde oggi al dipartimento della Dordogna della regione Nuova-Aquitania).

Nel Paese dei Petrocori non capiscono perché ci sono tutti questi bollettini meteorologici in televisione e sui giornali, perché si devono spendere miliardi di euro in satellite meteorologici, perché ci vogliono supercomputer e squadre di matematici per fare tutte queste previsioni meteo che sono sbagliate due volte su tre. No, nel Paese dei Petrocori non si spende un centesimo, un semplice pezzo di fune a cui sospendete un ciottolo raccolto in strada e avete un centro meteorologico più infallibile di quelli della Nasa:

Il ciottolo è umido/ Pioggia

Il ciottolo è secco/ Niente pioggia

Ombra portata sul ciottolo/ Sole

Macchia bianca sopra/ Neve

Non si vede il ciottolo/ Nebbia

Il ciottolo oscilla/ Vento

Il ciottolo salta/ Seismo 

Non c’è più il ciottolo/ Me l’hanno rubato.