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Médoc: Un pomeriggio a Margaux e dintorni!

Simile a un Sisifo, instancabilmente, Le acque del fiume convogliano verso Bordeaux i detriti del mondo moderno, le vecchie capanne da pesca su palafitte marciscono: i vecchi non hanno più la forza di mantenerle, i giovani non sono interessati. Una masnada di poiane caccia tra le balle di fieno di un prato; le rondini, inseguono le nuvole di zanzare, sembrano volare erraticamente sopra un maggese eppure sono senza pietà; gli aironi guardabuoi sono appollaiati apaticamente sulle vacche bionde di un campo allagato. Una vecchia coppia, zaino sulle spalle, si sta rimpinzando di susine nella siepe lungo il cammino che costeggia la riva del fiume. Susine da maiali come si dice nella mia famiglia  perché queste susine piacciono solo ai maiali. L’uomo si avvicina a me, lo saluto. Lui mi chiede del prossimo porto perché sono stanchi morti e vorrebbero riposarsi. Cinquecento metri in questa direzione, dico, designando il sud da dove arrivo. Pellegrini di Compostela, noto, vedendo la capasanta sullo zaino della donna. Più tardi quando torno al porto per recuperare la macchina, i due vecchi sono seduti sulla ringhiera dello scalo di alaggio. Tutto bene? chiedo. L’uomo sospira: non abbiamo trovato il porto solo questo prato. Eppure ci siete, dico, è il porto e il seguente sarà esattamente lo stesso. Pensavamo trovare un bar, qualcosa dove avremmo potuto mangiare e bere e invece non c’è niente che questo prato, si lamenta disperata la donna. Pellegrini di Compostela? chiedo retoricamente. Sì, risponde il vecchio, abbiamo voluto dimenticare tutta questa pandemia e abbiamo deciso di fare il pellegrinaggio. La donna sembra stanchissima. Se volete vi porto al rifugio, è la mia macchina là. Esitano, non osano, non vogliono perché devono fare obbligatoriamente il pellegrinaggio a piedi. Va bene, rispondo, come volete, siete adulti dopotutto, ma se mi dite che dovete alloggiare stasera a Macau, sono ancora più di dieci chilometri da percorrere e, credetemi, stasera dormite nella palude tra le zanzare! Mi dirigo verso la macchina quando la signora mi interpella: la prego signor, abbiamo cambiato idea, accettiamo la sua gentile proposta! In macchina mi raccontano che sono partiti dalla città di Saintes dove hanno amici, ma che sono di Marsiglia, che mi sembra la cosa più incredibile del mondo perché hanno un accento del Nord della Francia; il mondo è addirittura sottosopra con questa pandemia, penso. Dicono ancora di aver litigato con il figlio e la nuora che sono opposti alla vaccinazione ed è la ragione per cui hanno deciso di fare questo pellegrinaggio, per togliersi tutta questa merda dalla testa, che, secondo me, non è ancora pronto da succedere visto che, durante tutto il tragitto, mi parlano solo del figlio complottista che ha perso la testa.  Li lascio davanti alla chiesa di Macau e auguro loro un buon proseguimento di pellegrinaggio. Non sanno come ringraziarmi. Niente dico, è normale. Ora devo tornare indietro per ritrovare la strada della casa, è che mi hanno fatto fare una deviazione di dieci chilometri questi mangiatori di susine da maiali! Bah.

Médoc: Un pomeriggio di gennaio a Margaux!

Tre cicogne sulla cima di una montagna di letame. Un grosso albero da limone in una botte di vino a rotelle, davanti alla porta aperta di una stalla, che tenta di sopravvivere agli assalti del vento gelido che soffia dall’Oceano. Macchie di mucche calzate di fango nel verde dei prati allagati. Pazza incontrata sul cammino scassato dai mezzi agricoli che mi chiede se il sole sarà più alto e ci scalderà di più fra qualche ora. Sguardo mio verso il pallido sole che sta già tramontando mentre cerco qualcosa di logico da rispondere. Campi a ridosso del fiume tutti rizzi da monconi di mais. Stivali che affondano nel fango e si puliscono nellacqua nera delle pozzanghere. Detriti del mondo civilizzato portati dalla marea che ricoprono la riva: bottiglie, vasi, sedili, biciclette arrugginite, legno, cadavere tutto gonfiato di una capretta. Tetto in ardesia, arrogante e ridicolo, nel lontano, del castello di un signore del vino che vorrebbe rivaleggiare con la bellezza del tetto mezzo crollato in tegole romane di un’antica cascina medocchina. Nero dei corvi e cormorani nei cieli del Médoc. Nevicate di uccelli di mare sulla riva selvaggia dell’isola Verde. Biondezza delle falesie di Blaye sull’altra riva, lontano a valle. Vichingo barbuto che ha parcheggiato il suo minuscolo quadriciclo sul poggio erboso che chiamiamo orgogliosamente: Porto, e che legge qualche giallo dietro il suo volante. Gridi delle ocche e anatre ingabbiate in mezzo agli stagnetti da caccia. Freddo che mi trafigge le ossa. Vichingo che ora si è addormentato dietro il volante. Rumore di una manovella che fa girare un pescatore dentro la sua capanna su palafitte. Rete che si alza sgocciolante….