Gennaio: I cuculi stanno fiorendo nel giardino e l’inverno sta per arrivare!

Questi pazzi si sono lasciati ingannare dal clima mite di novembre e dicembre. Eppure li avevo avvertiti che l’inverno potrebbe arrivare nonostante i discorsi ripetuti ad nauseam altrove sui cambiamenti climatici. Ahi, i miei sfortunati cuculi che non avete voluto ascoltare il vostro giardiniere, ne avete fatto a vostro piacimento e martedì sarete morti e nemmeno le mie imprecazioni contro l’inverno potranno salvarvi. Troppo tardi.

… Bay-t-én, cruel, la flou blanque é daourade

Su lou camin boudré s’espanoui ;

Si ne t’en bas, ta lén agre é glaçade

L’ara mouri…

[Vattene, crudele, il fior bianco e dorato. Sul cammino vorrebbe schiudersi. Se non vai via. Il tuo soffio agro e gelido. Lo farà morire. (Brano di una poesia in bordolese di Théodore Blanc)]

Médoc: Un pomeriggio di gennaio a Margaux!

Tre cicogne sulla cima di una montagna di letame. Un grosso albero da limone in una botte di vino a rotelle, davanti alla porta aperta di una stalla, che tenta di sopravvivere agli assalti del vento gelido che soffia dall’Oceano. Macchie di mucche calzate di fango nel verde dei prati allagati. Pazza incontrata sul cammino scassato dai mezzi agricoli che mi chiede se il sole sarà più alto e ci scalderà di più fra qualche ora. Sguardo mio verso il pallido sole che sta già tramontando mentre cerco qualcosa di logico da rispondere. Campi a ridosso del fiume tutti rizzi da monconi di mais. Stivali che affondano nel fango e si puliscono nellacqua nera delle pozzanghere. Detriti del mondo civilizzato portati dalla marea che ricoprono la riva: bottiglie, vasi, sedili, biciclette arrugginite, legno, cadavere tutto gonfiato di una capretta. Tetto in ardesia, arrogante e ridicolo, nel lontano, del castello di un signore del vino che vorrebbe rivaleggiare con la bellezza del tetto mezzo crollato in tegole romane di un’antica cascina medocchina. Nero dei corvi e cormorani nei cieli del Médoc. Nevicate di uccelli di mare sulla riva selvaggia dell’isola Verde. Biondezza delle falesie di Blaye sull’altra riva, lontano a valle. Vichingo barbuto che ha parcheggiato il suo minuscolo quadriciclo sul poggio erboso che chiamiamo orgogliosamente: Porto, e che legge qualche giallo dietro il suo volante. Gridi delle ocche e anatre ingabbiate in mezzo agli stagnetti da caccia. Freddo che mi trafigge le ossa. Vichingo che ora si è addormentato dietro il volante. Rumore di una manovella che fa girare un pescatore dentro la sua capanna su palafitte. Rete che si alza sgocciolante….

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