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Barbaro dopo la caccia!

Barbaro dopo la caccia. Rosa Bonheur. 1858. Philadelpia museum of Art.

Mentre lei sta sfogliando una rivista culturale bordolese, io, ovviamente il solito francese con la puzza sotto il naso, le dico: In copertina è Rosa Bonheur, il museo d’arte di Bordeaux le dedica una mostra fino a settembre per il bicentenario della sua nascita…..

Lei, guardandomi come se fossi branque (pazzo): No, non è Rosa Bonheur!

Io: E come non è Rosa Bonheur? Certo che è La Bonheur, pardine!

Lei, ridendo: Ma sei completamente pec (scemo) o che?

Io, offeso come un pidocchio: E allora chi è?

Lei: Ohami, ma non vedi che è un cagnas da caccia! (un grosso cane da caccia!) 😉

In cui l’autore vi darà mal di testa con un semplice papavero!

Alfred Roll (1846-1919). La signora ai rosolacci. Museo d’Orsay. Parigi

 Il rosolaccio si chiama coquelicot in francese. Il gallo si dice coq in francese moderno e all’origine è un’onomatopea del verso del gallo. Anche coquelicot è una delle onomatopee del verso del gallo. I francesi hanno sempre usato dell’onomatopea del verso dell’uccello per designarlo. Anche se oggi il verso del gallo è standardizzato e che tutti i francesi vi diranno che il suo verso è cocorico, una volta, l’uccello si chiamava diversamente secondo le regioni e le lingue che erano parlate in queste zone, ma il nome è sempre stato un’onomatopea del suo verso: Coquelico, Coquelicot, Coquericoc, Cocorique, Coq, Cocorico, Coquericot, Cacalico, Cacaraca, Quiquirico…ecc. Insomma i francesi non si scocciavano molto per inventarsi delle parole. Il verso dell’uccello è coquelicot, chiamiamo l’ucello: Coquelicot. Invece del verbo cantare, usiamo del verbo coqueliner quando un coquelicot canta. Ah, ora quest’uomo agita le braccia in un modo strano quando canta e ci fa pensare a un coquelicot che coqueline, usiamo del verbo coqueliquer per designare questo modo buffo di cantare che ci ricorda quello del coquelicot. La forma e il colore di questo fiore ci fa pensare alla cresta di un coquelicot, chiamiamolo semplicemente: Coquelicot…. 

In cui l’autore pensa di aver bisogno di occhiali!

La nebbia, Sisley-Alfred (1839-1899), Parigi, museo d’Orsay.

Sento che ho la vista che si sta annebbiando un po’. Ma poi mi dico che prendere un appuntamento da un oculista e farmi fare gli occhiali potrebbe solo peggiorare le cose. Già che sono un po’ nella nebbia allora se in più devo passeggiare con gli occhiali tutti appannati a causa della mascherina come vedo fare i miei strabici di amici e colleghi. No, no, meglio continuare senza occhiali fino alla fine della pandemia che almeno posso servire loro un po’ di guida….